TAR Sicilia, Sez. III – Sentenza n. 1518/2025, emessa il 6 giugno 2025, R.G. n. 1664/2024
Con la sentenza n. 1518/2025, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia ha rigettato il ricorso proposto contro il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, confermando la legittimità della valutazione di pericolosità sociale effettuata dalla Questura.
La vicenda trae origine dal rigetto, da parte della Questura di Palermo, dell’istanza di rinnovo di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato. Il provvedimento veniva motivato con riferimento a gravi indizi circa l’appartenenza del ricorrente a un sodalizio criminale dedito a truffe online e riciclaggio, nonché alla disponibilità, da parte dello stesso, di una parte dei proventi illeciti. A seguito di un’ordinanza cautelare favorevole al ricorrente, l’amministrazione procedeva al riesame del caso, confermando tuttavia il rigetto sulla base di una nuova valutazione istruttoria.
Il ricorso per motivi aggiunti contestava il nuovo provvedimento, lamentando l’assenza di una reale ponderazione dei legami familiari con la moglie e il figlio minore residenti in Italia, nonché l’inserimento lavorativo e abitativo dell’interessato.
Il Tribunale, decidendo con sentenza in forma semplificata ex art. 60 c.p.a., ha preliminarmente dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo per sopravvenuta carenza d’interesse, essendo stato superato da un nuovo provvedimento.
Nel merito, ha ritenuto infondate le censure relative al secondo provvedimento. La Questura, secondo il TAR, ha correttamente svolto un’analisi non automatica della pericolosità sociale, valorizzando il ruolo di rilievo ricoperto dall’interessato all’interno del gruppo criminale e la disponibilità dei profitti illeciti. Tale valutazione – pur fondata su elementi indiziari – è stata ritenuta legittima e coerente con l’ampia discrezionalità riconosciuta all’amministrazione ai sensi degli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 286/1998.
Quanto ai legami familiari e ai segni di integrazione, il TAR ha ritenuto che l’amministrazione li abbia effettivamente considerati, ma correttamente ritenuti recessivi rispetto all’interesse pubblico alla tutela dell’ordine e della sicurezza. È stato ribadito, in linea con consolidata giurisprudenza, che la presenza di una famiglia o di un lavoro in Italia non preclude ex se un giudizio negativo sull’inserimento sociale, specie in presenza di reati gravi e reiterati (TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, sent. n. 487/2020).
Il ricorrente è stato comunque ammesso in via definitiva al patrocinio a spese dello Stato. Le spese di lite sono state poste a suo carico.
Avv. Fabio Loscerbo
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