sabato 14 giugno 2025

L’acquisto della cittadinanza per nascita in Italia: quando la volontà dichiarata vale più della forma – Nota alla sentenza del Tribunale di Brescia, R.G. n. 4260/2023, sentenza n. 2325/2025

 L’acquisto della cittadinanza per nascita in Italia: quando la volontà dichiarata vale più della forma – Nota alla sentenza del Tribunale di Brescia, R.G. n. 4260/2023, sentenza n. 2325/2025


1. Premessa

Con sentenza n. 2325/2025, pubblicata il 4 giugno 2025 e pronunciata nel procedimento iscritto al R.G. n. 4260/2023, il Tribunale Ordinario di Brescia – sezione immigrazione – ha riconosciuto il diritto alla cittadinanza italiana di una giovane nata in Italia da genitori stranieri, accertando la sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 4, comma 2, della legge n. 91/1992. La decisione si segnala per l’impostazione sostanzialistica nella valutazione della residenza legale e per il superamento di una prassi formalistica che spesso ha ostacolato l’effettivo esercizio del diritto da parte dei soggetti nati e cresciuti in Italia.


2. I fatti: la domanda depositata e l’inerzia amministrativa

La ricorrente, nata in Italia nel 1993 e residente da sempre nel territorio nazionale, aveva presentato al Comune di Dalmine, in data 11 maggio 2012, apposita dichiarazione di volontà per l’acquisto della cittadinanza italiana al compimento della maggiore età. La richiesta, però, non fu mai formalmente protocollata né definita dall’Amministrazione, che solo nel 2023 comunicava – su istanza del legale – che la dichiarazione era “priva delle forme dovute”.

Il Tribunale ha ritenuto censurabile il comportamento del Comune, che avrebbe dovuto attivare un contraddittorio procedimentale, richiedendo eventuali integrazioni e non lasciando inevasa per oltre dieci anni un’istanza così rilevante.


3. I requisiti di legge e il principio di sostanza

Ai sensi dell’art. 4, co. 2, L. n. 91/1992, diviene cittadino italiano il minore straniero nato in Italia che:

  • abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino alla maggiore età;

  • e dichiari, entro un anno dal diciottesimo compleanno, la volontà di acquisire la cittadinanza.

La decisione evidenzia come tutti i requisiti sostanziali risultino ampiamente integrati nel caso di specie: la ricorrente aveva sempre vissuto in Italia, era inserita anagraficamente fin dalla nascita, ed era in possesso di tutta la documentazione comprovante la continuità della presenza sul territorio (certificati scolastici, medici, permessi della madre, ecc.).

Particolarmente rilevante è la valutazione del Tribunale in ordine alla forma della dichiarazione: la mancata protocollazione da parte del Comune è da ritenersi irrilevante, posto che la dichiarazione risultava presente agli atti dell’ufficio. Non poteva dunque attribuirsi alla ricorrente l’omissione, bensì all’inerzia ingiustificata della Pubblica Amministrazione.


4. Orientamenti giurisprudenziali e norme integrative

Il Tribunale richiama la consolidata giurisprudenza – da Cass. n. 7322/2019 a vari precedenti di merito – che riconosce la cittadinanza anche in presenza di irregolarità formali non imputabili al dichiarante, purché siano soddisfatti i requisiti sostanziali.

Viene altresì richiamata la circolare ministeriale n. 22/2007, secondo cui eventuali irregolarità documentali o anagrafiche non possono essere poste a carico del minore, e il successivo art. 33 del d.l. n. 69/2013 che consente di dimostrare la continuità della presenza in Italia con ogni “idonea documentazione”, anche in presenza di disfunzioni riconducibili alla PA o ai genitori.


5. Il dispositivo e la condanna alle spese

In conclusione, il Tribunale ha accolto il ricorso, dichiarando la ricorrente cittadina italiana e ordinando all’Ufficiale dello Stato Civile di procedere alle registrazioni e comunicazioni previste. È stata inoltre disposta la condanna del Ministero dell’Interno al rimborso delle spese di lite, per un totale di euro 1.000 oltre accessori.


6. Conclusioni

La sentenza in commento rappresenta un chiaro esempio di applicazione del principio di effettività dei diritti. Essa afferma che il diritto alla cittadinanza non può essere sacrificato su basi meramente formali, soprattutto quando il comportamento omissivo dell’Amministrazione ha impedito l’esercizio pieno di una prerogativa individuale. L’inquadramento giuridico adottato tutela non solo la legalità sostanziale, ma anche la dignità e il radicamento degli individui nati in Italia, cresciuti e formatisi nel tessuto sociale e culturale nazionale.


Avv. Fabio Loscerbo

sabato 7 giugno 2025

🎙️ Podcast: Diritto dell’Immigrazione 🎧 Episodio: Lavorare con la ricevuta del primo permesso per motivi familiari 🎙️ A cura dell’Avv. Fabio Loscerbo

 🎙️ Podcast: Diritto dell’Immigrazione

🎧 Episodio: Lavorare con la ricevuta del primo permesso per motivi familiari
🎙️ A cura dell’Avv. Fabio Loscerbo


Benvenuti. In questo episodio parliamo di un chiarimento importante del Ministero del Lavoro e dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, contenuto nella circolare n. 4079 del 7 maggio 2018.

Il messaggio è chiaro:
👉 Un cittadino straniero che ha presentato domanda per il primo permesso di soggiorno per motivi familiari può lavorare regolarmente, già con la sola ricevuta della domanda.

Non serve attendere il rilascio del titolo definitivo.
La circolare riconosce che questa ricevuta ha valore legale e attesta la regolarità del soggiorno.

La base normativa è l’articolo 5, comma 9-bis, del Testo Unico Immigrazione, che viene interpretato estensivamente per includere anche i permessi per motivi familiari.

Questo significa che:
🔹 Il familiare può iniziare a lavorare legalmente,
🔹 Il datore di lavoro non rischia sanzioni,
🔹 La regolarità è garantita già dal primo accesso.

È un passo avanti importante verso l’integrazione reale e la semplificazione delle pratiche amministrative.

Per consultare la circolare, potete visitare il sito del Ministero del Lavoro al seguente link:
https://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/immigrazione/focus-on/ingresso-e-soggiorno-per-lavoro-in-italia/Documents/Nota-congiunta-INL-pds-motivi-familiari-prot.pdf




Il diritto al lavoro del familiare straniero nelle more del primo rilascio: la ricevuta della domanda è titolo sufficiente

 Il diritto al lavoro del familiare straniero nelle more del primo rilascio: la ricevuta della domanda è titolo sufficiente

Avv. Fabio Loscerbo


1. Introduzione

Con la circolare n. 4079 del 7 maggio 2018, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e l’Ispettorato Nazionale del Lavoro hanno chiarito che il cittadino straniero, familiare di un soggiornante, ha diritto a svolgere attività lavorativa già dalla presentazione della domanda di primo rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari, purché corredata dalla relativa ricevuta postale.

La precisazione, rilevante dal punto di vista giuridico e operativo, colma un vuoto interpretativo sul valore della ricevuta ai fini dell’instaurazione di rapporti di lavoro in attesa del rilascio formale del titolo.

Il testo integrale della circolare è disponibile al seguente indirizzo:
https://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/immigrazione/focus-on/ingresso-e-soggiorno-per-lavoro-in-italia/Documents/Nota-congiunta-INL-pds-motivi-familiari-prot.pdf


2. Quadro normativo: art. 30 TUI e art. 5, comma 9-bis

Ai sensi dell’art. 30, comma 2, del Testo Unico sull’Immigrazione (d.lgs. 286/98), il permesso per motivi familiari consente al titolare di lavorare senza necessità di conversione. La novità introdotta dalla circolare consiste nell’ammettere che anche il solo richiedente tale permesso, in attesa del primo rilascio, possa svolgere attività lavorativa.

Tale possibilità deriva dall’estensione in via interpretativa dell’art. 5, comma 9-bis TUI – originariamente riferito ai permessi per lavoro subordinato – anche ai casi di primo rilascio per motivi familiari.


3. I presupposti per lavorare con la sola ricevuta

Secondo la circolare, per ritenere legittimo lo svolgimento dell’attività lavorativa nelle more del rilascio, è necessario che:

  • la domanda sia stata presentata entro 8 giorni dall’ingresso in Italia;

  • l’interessato sia in possesso del modulo di richiesta e della ricevuta rilasciata dall’ufficio competente (postale o sportello unico);

  • in caso di rinnovo, la richiesta sia stata inoltrata prima della scadenza del permesso precedente.

Tali condizioni sono da ritenersi applicabili anche ai richiedenti permesso per motivi familiari, in quanto – a differenza di altri titoli – tale permesso non richiede alcuna conversione per abilitare al lavoro.


4. Valore giuridico della ricevuta postale

La circolare attribuisce alla ricevuta postale valore legale di prova del soggiorno regolare.
Ciò significa che il richiedente non solo è autorizzato a permanere sul territorio nazionale, ma può instaurare un rapporto di lavoro pienamente legittimo, in quanto conforme alla normativa vigente.

Per datori di lavoro e uffici ispettivi, ciò implica il riconoscimento della validità del rapporto sin dalla fase di richiesta, evitando contestazioni o sanzioni ai sensi dell’art. 22, comma 12 TUI.


5. Conclusioni

La circolare n. 4079/2018 offre un’interpretazione evolutiva e coerente con i principi di effettività dei diritti e di tutela della persona straniera.
Essa consente al familiare straniero richiedente un permesso per motivi familiari di accedere al lavoro regolare sin dalla presentazione della domanda, superando rigidità burocratiche che in passato hanno ostacolato l’inserimento lavorativo e la stabilizzazione sociale.

Il documento si inserisce nel solco di una giurisprudenza e prassi amministrativa sempre più orientate alla semplificazione e alla garanzia di pari dignità lavorativa per tutti i soggetti legittimamente presenti sul territorio nazionale.


Avv. Fabio Loscerbo

🎙️ Podcast: Diritto dell’Immigrazione 🎧 Episodio: Nessun reato per il genitore che accompagna figli minori nell’ingresso irregolare 🎙️ A cura dell’Avv. Fabio Loscerbo

 

🎙️ Podcast: Diritto dell’Immigrazione
🎧 Episodio: Nessun reato per il genitore che accompagna figli minori nell’ingresso irregolare
🎙️ A cura dell’Avv. Fabio Loscerbo

Benvenuti in una nuova puntata del podcast Diritto dell'Immigrazione.
In questo episodio parliamo della recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che ha affermato un principio fondamentale:

👉 Un genitore che accompagna i propri figli minori nell’ingresso non autorizzato in Europa non commette alcun reato.

Non si tratta di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ma dell’esercizio della responsabilità genitoriale.
Perseguire penalmente questa condotta violerebbe il diritto alla vita familiare, l’interesse superiore del minore e il diritto d’asilo.

La Corte ha inoltre chiarito che chi presenta domanda di protezione internazionale non può essere considerato in soggiorno irregolare fino alla decisione definitiva di primo grado.

Questa pronuncia segna un punto fermo:
🔹 La protezione della famiglia e dei minori prevale sulla logica repressiva.

🎙️ Avete ascoltato “Diritto dell’Immigrazione”, a cura dell’Avv. Fabio Loscerbo.
Alla prossima puntata.


🎧 Episodio: Nessun reato per il genitore che accompagna figli minori nell’ingresso irregolare 🎙️ Podcast: Diritto dell’Immigrazione 🎧 Episodio: Nessun reato per il genitore che accompagna figli minori nell’ingresso irregolare 🎙️ A cura dell’Avv. Fabio Loscerbo Benvenuti. In questo episodio parliamo della recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che ha stabilito un principio fondamentale: 👉 Un genitore che accompagna i propri figli minori nell’ingresso non autorizzato in Europa non commette alcun reato. Non si tratta di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ma dell’esercizio della responsabilità genitoriale. Perseguire penalmente questa condotta violerebbe il diritto alla vita familiare, l’interesse superiore del minore e il diritto d’asilo. La Corte ha anche chiarito che chi richiede protezione internazionale non può essere considerato in soggiorno irregolare fino alla decisione definitiva. Questa pronuncia segna un punto fermo: 🔹 La protezione della famiglia e dei minori prevale sulla logica repressiva. 🎙️ Avete ascoltato “Diritto dell’Immigrazione”, a cura dell’Avv. Fabio Loscerbo. https://www.youtube.com/watch?v=MDs2L-vxIMY


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Immigrazione e responsabilità genitoriale: la Corte UE esclude il reato di favoreggiamento per i genitori che accompagnano figli minori nell’ingresso irregolare

 Immigrazione e responsabilità genitoriale: la Corte UE esclude il reato di favoreggiamento per i genitori che accompagnano figli minori nell’ingresso irregolare

Autore:
Avv. Fabio Loscerbo


Introduzione

La recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (C-460/23, 3 giugno 2025) segna una svolta nell’interpretazione della normativa europea in materia di immigrazione irregolare e responsabilità genitoriale. Secondo la Corte, il genitore o affidatario che accompagna figli minori nell’ingresso non autorizzato in uno Stato membro non può essere perseguito penalmente, poiché tale condotta rientra nell’ambito della responsabilità familiare e del superiore interesse del minore.


Il caso

Il caso trae origine da un procedimento penale in Italia nei confronti di una donna congolese, arrestata all’aeroporto di Bologna mentre cercava di entrare nel territorio nazionale accompagnata dalla figlia e dalla nipote minorenni, con documenti falsi. La Procura le contestava il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Tuttavia, il Tribunale ha sospeso il procedimento e rimesso gli atti alla Corte di Giustizia dell’UE, chiedendo chiarimenti sull’interpretazione della Direttiva 2002/90/CE e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione.


Il principio espresso dalla Corte

Con una decisione di forte impatto, la Corte ha stabilito che l'accompagnamento di figli minori da parte del genitore o dell’affidatario non può costituire favoreggiamento dell’ingresso irregolare ai sensi del diritto dell’Unione. Sanzionare tale condotta comporterebbe una violazione:

  • del diritto al rispetto della vita familiare (art. 7 della Carta),

  • del superiore interesse del minore (art. 24),

  • e del diritto d’asilo (art. 18).

La Corte ha inoltre ribadito che lo status di richiedente protezione internazionale esclude di per sé la qualificazione del soggiorno come irregolare, almeno fino a quando la domanda non sia rigettata con decisione definitiva in primo grado.


Conseguenze per gli ordinamenti nazionali

Il principio espresso nella sentenza ha un effetto vincolante diretto per tutti gli Stati membri. Ne consegue che ogni disposizione nazionale che criminalizzi condotte come quella descritta – senza tenere conto del legame familiare e della condizione di minore – deve essere disapplicata. La sentenza impone quindi una lettura costituzionalmente e convenzionalmente orientata delle norme penali sull’immigrazione.


Implicazioni pratiche

Il pronunciamento della CGUE costituisce un’importante guida interpretativa per avvocati, giudici e operatori del diritto. In particolare:

  • esclude il rischio penale per chi, in quanto genitore o tutore, accompagni un minore verso un contesto protetto;

  • impone agli Stati membri un approccio più umano e rispettoso dei diritti fondamentali;

  • rafforza il principio secondo cui il diritto dell’Unione prevale sulle normative interne quando queste ne violano i principi essenziali.


Conclusione

Questa sentenza rappresenta un esempio virtuoso di come l’interpretazione giuridica europea possa fungere da argine alla deriva repressiva in materia migratoria. La famiglia non può essere criminalizzata per aver cercato protezione: un messaggio forte, chiaro e giuridicamente fondato.


Fonti:


Avv. Fabio Loscerbo

lunedì 2 giugno 2025

🎙️ Podcast "Diritto dell’Immigrazione" – Episodio: Riforma della Cittadinanza 2025

 🎙️ Podcast "Diritto dell’Immigrazione" – Episodio: Riforma della Cittadinanza 2025

Benvenuti. In questo episodio esaminiamo le principali novità introdotte dalla legge numero 74 del 2025, che ha riformato profondamente il sistema della cittadinanza italiana.

📌 La novità più rilevante è l’abolizione dell’acquisizione automatica della cittadinanza per chi è nato all’estero da italiani e possiede un’altra cittadinanza. Ora serve una domanda formale, presentata prima del 27 marzo 2025, oppure una sentenza o requisiti specifici come la residenza del genitore in Italia per almeno due anni.

📌 Introdotta anche una procedura agevolata per i figli minori: possono diventare cittadini se i genitori italiani presentano dichiarazione e il minore risiede in Italia da almeno due anni, oppure se la dichiarazione avviene entro un anno dalla nascita.

📌 Per i discendenti di cittadini italiani, il requisito di residenza per chiedere la cittadinanza è stato ridotto a due anni.

📌 Infine, è stata riaperta la possibilità di riacquistare la cittadinanza per chi l’ha persa prima del 15 agosto 1992.

🎧 Grazie per l’ascolto. Alla prossima puntata di Diritto dell’Immigrazione.



Riforma della cittadinanza 2025: le nuove istruzioni operative per i Comuni dopo la legge di conversione

 Riforma della cittadinanza 2025: le nuove istruzioni operative per i Comuni dopo la legge di conversione

Articolo a cura dell’Avv. Fabio Loscerbo

Con la circolare n. 26185 del 28 maggio 2025, la Direzione Centrale per i Diritti Civili, la Cittadinanza e le Minoranze del Ministero dell’Interno ha diramato le prime istruzioni operative per l’attuazione delle novità introdotte dalla legge 23 maggio 2025, n. 74, di conversione con modificazioni del D.L. 36/2025, recante “Disposizioni urgenti in materia di cittadinanza”. Si tratta di una riforma di sistema che, pur non modificando la legge n. 91/1992 nel suo impianto complessivo, incide in maniera significativa sull'accesso alla cittadinanza per discendenza (iure sanguinis), introducendo importanti limitazioni, correttivi e regimi transitori.

1. Fine del riconoscimento automatico iure sanguinis per i nati all’estero

Il nuovo art. 3-bis della legge 91/1992 sancisce il principio secondo cui chi è nato all’estero e possiede altra cittadinanza “non si considera mai aver acquisito la cittadinanza italiana”, anche se rientra in una delle ipotesi storiche di trasmissione automatica. La disposizione si applica retroattivamente e comporta una netta cesura rispetto al regime previgente.

L’acquisto della cittadinanza italiana in questi casi potrà avvenire solo se ricorrono alcune condizioni tassative, come:

  • Presentazione di domanda (o appuntamento assegnato) entro il 27 marzo 2025 (lett. a e a-bis);

  • Pronuncia giudiziale di riconoscimento della cittadinanza (lett. b);

  • Ascendenza esclusiva da cittadini italiani (lett. c), dimostrabile con certificazioni idonee;

  • Residenza in Italia per almeno due anni del genitore italiano prima della nascita o adozione (lett. d).

2. Cittadinanza per beneficio di legge e figli minorenni

La riforma introduce anche un innovativo meccanismo di acquisizione per i figli minorenni di cittadini italiani per nascita. In particolare, l’art. 4, commi 1-bis e 1-ter della legge 91/1992 prevede che il minore nato all’estero possa diventare cittadino su dichiarazione dei genitori, a condizione che:

  • sia figlio di un cittadino italiano per nascita (non naturalizzato);

  • risieda legalmente e continuativamente in Italia da almeno due anni dopo la dichiarazione, oppure

  • la dichiarazione venga resa entro un anno dalla nascita o dall’instaurazione del rapporto di filiazione.

Per i figli di cittadini riconosciuti come tali ai sensi delle lett. a, a-bis e b), è previsto un regime transitorio fino al 31 maggio 2026, entro cui può essere resa la dichiarazione anche direttamente dal minore divenuto maggiorenne.

Il contributo statale previsto è pari a 250 euro per ogni dichiarazione di volontà, da versare anche in caso di dichiarazioni separate dei genitori.

3. Modifiche alla naturalizzazione e riduzione del requisito di residenza

Per gli stranieri discendenti da cittadini italiani per nascita (genitori o nonni), l’art. 9 della legge 91/1992 prevede ora che il requisito di residenza in Italia sia di soli due anni, anziché tre. Rimane invece invariato a tre anni per chi è nato in Italia da genitori stranieri.

4. Stretta sulla trasmissione automatica per convivenza (art. 14 L. 91/1992)

A partire dal 24 maggio 2025, i figli conviventi di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana potranno beneficiarne solo se residenti in Italia da almeno due anni continuativi al momento dell’acquisto (o residenti dalla nascita se minori di due anni). Anche il requisito della convivenza con il genitore deve essere accertato con riferimento a tale data.

5. Riapertura dei termini per il riacquisto della cittadinanza

Infine, l’art. 17 della legge 91/1992 è stato riformulato. Gli ex cittadini italiani nati in Italia (o residenti per almeno due anni) che abbiano perso la cittadinanza prima del 15 agosto 1992 potranno presentare dichiarazione di riacquisto tra il 1° luglio 2025 e il 31 dicembre 2027. Esclusi i casi di rinuncia o perdita successiva a tale data.

Conclusioni

La riforma varata nel maggio 2025 segna un deciso mutamento di approccio da parte del legislatore, orientato a limitare l’accesso alla cittadinanza iure sanguinis automatica, a favore di un modello più selettivo e legato al legame effettivo con la comunità nazionale. Il sistema resta formalmente fondato sulla legge 91/1992, ma le modifiche introdotte richiedono un'attenta verifica degli atti e una rigorosa istruttoria da parte degli Ufficiali di stato civile.

L’impatto sarà significativo anche sul piano contenzioso, specie per i casi in cui la trasmissione della cittadinanza non sia più automatica. È verosimile attendersi un incremento del ricorso a strumenti giudiziali o alla procedura di naturalizzazione agevolata. Fondamentale, in questa fase, il coordinamento tra comuni, prefetture e consolati, nonché un’adeguata informazione alle comunità italiane all’estero.

Avv. Fabio Loscerbo

Bologna, maggio 2025 – Nuove indicazioni operative dalla Questura per il primo rilascio del permesso dopo decisione favorevole

 

Bologna, maggio 2025 – Nuove indicazioni operative dalla Questura per il primo rilascio del permesso dopo decisione favorevole

Con nota datata 14 maggio 2025, la Questura di Bologna – Ufficio Immigrazione ha comunicato all’Ordine degli Avvocati le nuove modalità di prenotazione per il primo rilascio del permesso di soggiorno elettronico da parte di cittadini stranieri in possesso di una decisione favorevole adottata dalla Commissione Territoriale o dal Tribunale Ordinario.

La comunicazione sostituisce formalmente quella precedente del 30 giugno 2022, ormai superata per decorso del tempo e per esigenze di semplificazione e razionalizzazione del lavoro d’ufficio.

📌 Modalità operative per il primo rilascio

I richiedenti in possesso di una decisione positiva possono accedere alla procedura di rilascio attraverso due principali canali:

1. Prenotazione tramite sistema PrenotaFacile

È la modalità ordinaria. L’utente (o il legale incaricato) dovrà:

  • selezionare il servizio “Primo rilascio permesso di soggiorno elettronico a seguito di decisione positiva”;

  • scegliere dal menù l’opzione “Rinnovo” e non “Rilascio”;

  • allegare la scansione del precedente permesso (ad es. per richiesta asilo), se disponibile.

2. Prenotazione via PEC

Solo in caso di difficoltà tecniche o mancanza di un permesso precedente, è possibile inviare la richiesta di appuntamento a mezzo PEC, allegando:

  • la decisione favorevole che riconosce il diritto al rilascio del titolo;

  • un documento d’identità (se disponibile);

  • indicando se la richiesta è inoltrata dal richiedente o dal legale.

3. Accesso diretto allo sportello prenotazioni

In alternativa, l’interessato può presentarsi personalmente il lunedì pomeriggio (ore 14:30–16:30) allo Sportello Prenotazioni presso l’Ufficio Immigrazione, munito di decisione favorevole e documento identificativo.

⚖️ Focus sui permessi provvisori per chi ha presentato ricorso

La Questura ribadisce che i richiedenti asilo che hanno impugnato il diniego davanti al Tribunale hanno diritto ad ottenere o rinnovare un permesso provvisorio per richiesta asilo. In questi casi:

  • il primo rilascio va richiesto via PEC;

  • i successivi rinnovi devono avvenire esclusivamente tramite PrenotaFacile.

🔎 Osservazioni conclusive

La comunicazione introduce una semplificazione significativa, ma richiede attenzione operativa nella selezione corretta dei servizi su PrenotaFacile. L’uso improprio delle voci “rilascio” e “rinnovo” può determinare il rigetto della richiesta di appuntamento.

È inoltre rilevante la conferma dell’accessibilità via PEC nei casi complessi, che tutela le situazioni più fragili e consente agli avvocati di svolgere un ruolo attivo nel garantire la tutela dei diritti dei propri assistiti.


Avv. Fabio Loscerbo
Foro di Bologna – esperto in diritto dell’immigrazione e contenzioso amministrativo




domenica 1 giugno 2025

Padova, 26 marzo 2025 – La protezione speciale sopravvive in Commissione: un caso esemplare

 

Padova, 26 marzo 2025 – La protezione speciale sopravvive in Commissione: un caso esemplare

Con provvedimento adottato all’unanimità nella seduta del 26 marzo 2025, la Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Padova ha rigettato la domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino marocchino, ma ha contestualmente disposto la trasmissione degli atti alla Questura per il rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale, ai sensi dell’art. 32, comma 3, del d.lgs. 25/2008.

La rilevanza del caso risiede non solo nel contenuto della decisione, ma nel suo valore giuridico e politico alla luce delle recenti modifiche normative introdotte con il D.L. n. 20/2023 (cd. Decreto Cutro), convertito in L. n. 50/2023, che hanno notevolmente ristretto l’ambito applicativo della protezione speciale, sia in sede questorile che giudiziaria.

Tuttavia, nel caso in esame, la Commissione – pur non ravvisando condizioni per lo status di rifugiato o per la protezione sussidiaria – ha riconosciuto d’ufficio che il rimpatrio del richiedente, regolarmente integrato in Italia, avrebbe comportato una lesione sproporzionata della sua vita privata, in violazione dell’art. 19, comma 1.1, del T.U. Immigrazione e dell’art. 8 della CEDU.

Tra gli elementi valutati in senso positivo:
– contratto di lavoro a lungo termine (valido fino al 2026);
– attestati formativi e professionali;
– autonomia abitativa;
– conoscenza della lingua italiana.

Un precedente che conferma la tenuta costituzionale della protezione complementare

La decisione dimostra che, nonostante l’intento del legislatore di comprimere l’area di discrezionalità in materia di protezione speciale, la Commissione conserva il potere-dovere di attivare la trasmissione degli atti al Questore nei casi in cui emergano obblighi costituzionali o internazionali di tutela della persona.

Un segnale importante, che conferma la persistente vigenza del principio di proporzionalità e la centralità del parametro dell’integrazione sociale anche al di fuori dei canoni rigidi del Decreto Cutro.


Avv. Fabio Loscerbo
Foro di Bologna – esperto in diritto dell’immigrazione e contenzioso amministrativo





Commissione Territoriale di Padova, provvedimento del 26 marzo 2025 – Riconoscimento della protezione speciale ex art. 19, comma 1.1 T.U.I. in assenza di presupposti per la protezione internazionale Avv. Fabio Loscerbo Avvocato in Bologna – esperto in diritto dell’immigrazione e contenzioso amministrativo

 

Commissione Territoriale di Padova, provvedimento del 26 marzo 2025 – Riconoscimento della protezione speciale ex art. 19, comma 1.1 T.U.I. in assenza di presupposti per la protezione internazionale

Avv. Fabio Loscerbo
Avvocato in Bologna – esperto in diritto dell’immigrazione e contenzioso amministrativo

Il provvedimento della Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Padova, emesso in data 26 marzo 2025, costituisce un esempio emblematico della prassi amministrativa che, pur rigettando la domanda di protezione internazionale, rileva d’ufficio i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale, ex art. 19, comma 1.1 del d.lgs. 286/1998, richiamato dall’art. 32, comma 3 del d.lgs. 25/2008.

1. La vicenda e il contesto procedurale

Il richiedente, cittadino marocchino, era stato convocato a seguito di segnalazione della Questura in procedura accelerata ex art. 28-bis del d.lgs. 25/2008, in quanto proveniente da Paese designato come sicuro dal decreto del Ministero degli Affari Esteri del 4 ottobre 2019. Tuttavia, a causa del decorso dei termini previsti, la procedura è stata successivamente riqualificata come ordinaria.

Durante l’audizione, il richiedente ha dichiarato di aver lasciato il Paese d’origine per ragioni economiche, al fine di migliorare le proprie condizioni di vita e supportare un familiare affetto da patologia. La Commissione ha preso atto anche della produzione documentale a sostegno della domanda: attestazioni lavorative, referti medici, attestati formativi e copia del contratto di locazione.

2. L’assenza dei presupposti per la protezione internazionale

La Commissione ha escluso la sussistenza dei requisiti per lo status di rifugiato e per la protezione sussidiaria. In particolare, ha rilevato che il richiedente:

  • non ha espresso timori riferibili a forme di persecuzione personale o danni gravi ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. 251/2007 e dell’art. 2 della Direttiva 2011/95/UE;

  • non ha superato la presunzione di sicurezza ex art. 28-bis, comma 5, del d.lgs. 25/2008, non indicando profili individuali di rischio rilevanti in caso di rimpatrio;

  • ha motivato l’espatrio principalmente con ragioni di natura economica, ritenute non idonee a fondare una domanda di protezione internazionale.

3. Il riconoscimento d’ufficio della protezione speciale

Pur in assenza dei presupposti per le forme tipiche di protezione internazionale, la Commissione ha ritenuto che nel caso di specie ricorressero gli estremi per la trasmissione degli atti al Questore, finalizzata al rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale. A tal fine, è stato valorizzato il quadro di integrazione del richiedente, in particolare:

  • l’esistenza di un contratto di lavoro in essere dal 2024 con validità sino al 2026;

  • la partecipazione a corsi di formazione professionale e linguistica con esito positivo;

  • la disponibilità di un alloggio in locazione, con autonomia nella gestione della vita quotidiana;

  • il radicamento territoriale, supportato da documentazione formale e da una discreta conoscenza della lingua italiana.

Tali elementi sono stati ritenuti idonei a integrare la previsione di cui all’art. 19, comma 1.1 T.U.I., che tutela la vita privata e familiare dello straniero regolarmente inserito nel tessuto sociale e lavorativo del Paese ospitante, nel rispetto dei principi costituzionali e degli obblighi internazionali assunti dallo Stato italiano.

4. Considerazioni conclusive

Il provvedimento in commento si inserisce nel consolidato orientamento interpretativo volto a riconoscere la protezione speciale nei casi in cui, pur in assenza di un rischio individuale qualificato in caso di rimpatrio, risulti comunque sproporzionato e lesivo dell’art. 8 CEDU (e dei corrispondenti principi costituzionali) imporre l’allontanamento dello straniero dal territorio nazionale.

La decisione merita apprezzamento anche per l’applicazione rigorosa ma bilanciata del principio di leale cooperazione amministrativa, ai sensi del quale la Commissione, pur in presenza di un rigetto, ha ritenuto di trasmettere d’ufficio gli atti alla Questura, salvaguardando il diritto dello straniero a una forma residuale ma efficace di tutela, coerente con il principio di umanità che permea l’ordinamento nazionale e sovranazionale in materia di immigrazione.

domenica 25 maggio 2025

Segnalazione SIS e limiti alla conversione del permesso: la protezione resta possibile, il lavoro no – Nota a TAR Lazio, Sez. I Ter, sent. n. 9087/2025, RG n. 1274/2022, del 12 maggio 2025

 

Segnalazione SIS e limiti alla conversione del permesso: la protezione resta possibile, il lavoro no – Nota a TAR Lazio, Sez. I Ter, sent. n. 9087/2025, RG n. 1274/2022, del 12 maggio 2025

Avv. Fabio Loscerbo – Avvocato in diritto dell’immigrazione


1. Introduzione

Con la sentenza n. 9087/2025 del 12 maggio 2025, il TAR Lazio (Sezione Prima Ter) affronta un punto centrale in materia di soggiorno degli stranieri: gli effetti delle segnalazioni nel Sistema d’Informazione Schengen (SIS II) nei procedimenti di conversione del permesso di soggiorno.

Il Collegio chiarisce che la presenza di una segnalazione di inammissibilità nello spazio Schengen non osta al rilascio o rinnovo di permessi di soggiorno di natura protettiva, ma costituisce invece un impedimento assoluto alla conversione in titoli per motivi lavorativi o comunque privi di contenuto “protettivo”, salvo rare eccezioni. Il caso concreto riguardava il diniego alla conversione di un permesso umanitario in permesso per motivi di lavoro subordinato.


2. Il caso

Il ricorrente, titolare di un precedente permesso per motivi umanitari, aveva richiesto la conversione in permesso per lavoro subordinato. La Questura di Roma rigettava l’istanza, richiamando una segnalazione inserita dalla Svizzera nel SIS II, qualificante il soggetto come non ammissibile nello spazio Schengen.

Il ricorso avverso tale provvedimento faceva leva sulla carenza di motivazione, sul mancato contraddittorio ex art. 10-bis L. 241/1990, sull’assenza di istruttoria e sul fatto che il diniego non aveva tenuto conto del percorso di integrazione lavorativa in Italia.


3. La decisione del TAR

Il TAR ha respinto il ricorso, evidenziando che:

  • La comunicazione ex art. 10-bis L. 241/1990 era stata effettuata e le osservazioni del ricorrente non avevano apportato elementi utili a superare la segnalazione;

  • La giurisprudenza è consolidata nel ritenere che la segnalazione per inammissibilità nel SIS II non preclude il rilascio di un permesso per protezione internazionale, sussidiaria, speciale o per motivi umanitari, ma esclude la possibilità di concedere o convertire un titolo per motivi ordinari (lavoro, studio, famiglia ecc.), in quanto incompatibile con lo status di persona non gradita nello spazio Schengen;

  • L’onere di dimostrare l’infondatezza o la cessazione della segnalazione grava sullo straniero. Nel caso di specie, il ricorrente si era limitato a dichiarare che il transito in Svizzera non era stato problematico, senza alcuna prova documentale o richiesta di revoca alle autorità elvetiche;

  • La posizione dell’Amministrazione italiana è vincolata dalla segnalazione straniera, salvo che intervenga una revoca formale o una deroga fondata su obblighi costituzionali o internazionali (es. protezione umanitaria o protezione contro l’espulsione verso Paesi a rischio).


4. Riflessioni conclusive

La sentenza in esame consente di distinguere nettamente tra il diritto alla protezione e la discrezionalità nei titoli “ordinari” di soggiorno: la presenza di una segnalazione nel SIS II non può ostacolare la concessione di una protezione, in quanto diritto soggettivo legato a vulnerabilità o obblighi convenzionali, ma rende invece giuridicamente impossibile la conversione in titoli privi di finalità protettiva, come ad esempio il permesso per lavoro subordinato.

L’impostazione del TAR Lazio si inserisce in una giurisprudenza che, pur riconoscendo il valore sovranazionale del sistema SIS, lascia aperto un margine di tutela nei casi in cui il soggiorno dello straniero risponda a obblighi umanitari o costituzionali.

Per gli operatori, si tratta di un precedente che conferma l’importanza di valutare la posizione giuridica del cliente alla luce delle segnalazioni Schengen, distinguendo accuratamente tra permessi a contenuto protettivo, ammissibili anche in presenza di segnalazione, e permessi ordinari, preclusi in via automatica.

Permesso di soggiorno per studio e tempestività della conversione: la rilevanza della motivazione amministrativa nella decisione del TAR Lazio (RG n. 4229/2025, sent. n. 9653/2025 del 20.05.2025)

 

Permesso di soggiorno per studio e tempestività della conversione: la rilevanza della motivazione amministrativa nella decisione del TAR Lazio (RG n. 4229/2025, sent. n. 9653/2025 del 20.05.2025)

Avv. Fabio Loscerbo – Avvocato in diritto dell’immigrazione


1. Introduzione

La sentenza in oggetto affronta con rigore il tema della legittimità del diniego di rinnovo di un permesso di soggiorno per motivi di studio e della sua possibile conversione, ponendo l'accento su due profili centrali: da un lato il difetto di motivazione e dall’altro la non ostatività della scadenza del titolo alla conversione, in presenza di tempestiva domanda.

Il TAR Lazio – Sezione Prima Ter – interviene per riaffermare alcuni principi basilari in materia di procedimenti amministrativi incidenti su diritti fondamentali, come il soggiorno legale e continuativo dello straniero regolarmente radicato in Italia.


2. I fatti di causa

Il ricorrente aveva impugnato il provvedimento del Questore di Viterbo e il successivo rigetto del ricorso gerarchico da parte del Prefetto, entrambi volti a negare il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio, in scadenza al 31 dicembre 2022.

L’amministrazione fondava il diniego su asserita mancanza dei requisiti economici e assicurativi, ritenendo peraltro preclusa la conversione in altro titolo a causa dell’intervenuta scadenza del permesso originario.


3. Le ragioni dell'accoglimento

Il TAR ha accolto il ricorso con sentenza semplificata ex art. 60 c.p.a., evidenziando vizi gravi e strutturali nel procedimento amministrativo.

Tra le principali censure accolte:

  1. Difetto di motivazione: i provvedimenti impugnati risultano fondati su affermazioni generiche, stereotipate e prive di specificazione circa l’asserita inidoneità della documentazione prodotta (reddito e copertura sanitaria), senza alcun confronto con l’effettivo contenuto degli atti presentati dal ricorrente;

  2. Mancata considerazione delle circostanze sopravvenute: l’amministrazione non ha tenuto conto né dei tempi di evasione dell’istanza, né dell’evoluzione documentale intervenuta in corso di procedimento;

  3. Incomprensibilità delle motivazioni: l’atto questorile contiene un passaggio (relativo alla “verifica del profilo”) privo di chiarezza, che non consente di comprendere le ragioni effettive del rifiuto;

  4. Illegittimità del diniego di conversione per intervenuta scadenza: il TAR ha ritenuto erronea e infondata l’affermazione secondo cui non sarebbe possibile la conversione del permesso per studio se scaduto. Tale posizione, secondo il Collegio, contrasta con la giurisprudenza consolidata (Consiglio di Stato n. 5604/2023; TAR Emilia-Romagna Bologna n. 69/2025; TAR Emilia-Romagna Parma n. 154/2016), secondo cui la mera scadenza non preclude la possibilità di conversione, specie in caso di rapporto temporale ragionevole tra scadenza e presentazione della nuova istanza.


4. Il dispositivo

In accoglimento del ricorso, il TAR:

  • ha annullato i provvedimenti impugnati;

  • ha salvato la possibilità di nuova valutazione da parte dell’Amministrazione, alla luce delle indicazioni contenute nella motivazione;

  • ha condannato il Ministero dell’Interno al pagamento delle spese di lite, quantificate in € 1.000 oltre accessori.


5. Considerazioni conclusive

La pronuncia del TAR Lazio ribadisce con chiarezza che la funzione amministrativa non può risolversi in formule standardizzate, soprattutto quando si incide sul diritto al soggiorno e sulla possibilità per lo straniero di stabilire un percorso di vita regolare e conforme alla legge.

La scadenza del permesso di soggiorno non è un ostacolo assoluto alla conversione, se la domanda è tempestiva e motivata, e tanto più se l’Amministrazione ha impiegato un tempo irragionevole per concludere il procedimento.

In definitiva, si tratta di una decisione che rafforza l’obbligo per la pubblica amministrazione di istruire, motivare e valutare concretamente le situazioni individuali, secondo criteri di buona fede e proporzionalità.

Assistenza a minori e soggiorno stabile: la convertibilità del permesso in titolo UE per lungo soggiornanti – Nota a TAR Campania, Sez. VI, sent. n. 766/2020 (RG n. 326/2020, pubbl. 17/02/2020)

 

Assistenza a minori e soggiorno stabile: la convertibilità del permesso in titolo UE per lungo soggiornanti – Nota a TAR Campania, Sez. VI, sent. n. 766/2020 (RG n. 326/2020, pubbl. 17/02/2020)

Avv. Fabio Loscerbo – Avvocato in diritto dell’immigrazione


1. Introduzione

La sentenza in oggetto affronta un tema di crescente rilevanza nella prassi amministrativa e giurisprudenziale: la possibilità di convertire un permesso di soggiorno per assistenza a minori in permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, alla luce del consolidamento del radicamento e del contributo economico del nucleo familiare.

Il TAR Campania – Sezione Sesta – si esprime su un decreto prefettizio che aveva negato la richiesta per presunta carenza reddituale, senza però svolgere una valutazione completa della condizione familiare e delle fonti di sostentamento disponibili nel nucleo convivente.


2. Il contesto fattuale

La ricorrente era titolare di un permesso di soggiorno per motivi umanitari connessi all’assistenza a minori. Successivamente, aveva presentato istanza di rilascio del permesso UE per soggiornanti di lungo periodo, ai sensi dell’art. 9 del T.U.I., istanza che veniva rigettata con riferimento a un presunto deficit reddituale per l’anno di riferimento.

Nel ricorso, si contestava l’omessa valutazione:

  • del reddito della madre convivente, elemento che – se considerato – avrebbe potuto colmare la soglia minima prevista dalla normativa;

  • delle circostanze sopravvenute, che avrebbero dovuto essere considerate in virtù dell’art. 5, comma 5, D.lgs. 286/1998.


3. Le valutazioni del TAR

Il Tribunale, con sentenza semplificata ex art. 60 c.p.a., ha accolto il ricorso, evidenziando carenza di motivazione e istruttoria.

Il giudizio di insufficienza reddituale, infatti:

  • non ha considerato la coabitazione con un familiare convivente titolare di reddito, potenzialmente valutabile ai fini del raggiungimento della soglia reddituale;

  • non ha tenuto conto degli sviluppi procedurali e delle condizioni economiche sopravvenute, come richiesto espressamente dalla legge.

Il TAR ha dunque annullato il decreto prefettizio, riservando all’amministrazione la facoltà di procedere a nuova valutazione nel rispetto delle indicazioni giurisprudenziali.


4. Rilievi giuridici

Il principio affermato nella decisione è chiaro: la presenza di un figlio minore assistito e la stabilità familiare possono costituire elementi di continuità e integrazione, rilevanti anche nella transizione da un titolo di soggiorno temporaneo o umanitario a un permesso di lungo periodo.

Inoltre, la sentenza ribadisce che il reddito familiare complessivo, anche se non prodotto personalmente dalla richiedente, deve essere valutato in ottica funzionale, in presenza di convivenza e corresponsabilità economica.


5. Conclusioni

La sentenza n. 766/2020 del TAR Campania rafforza un orientamento ormai consolidato: il diritto al soggiorno di lungo periodo deve essere interpretato in chiave evolutiva e costituzionalmente orientata, valorizzando il radicamento, l’assistenza familiare e il contributo complessivo del nucleo domestico.

La mancata valutazione del reddito della convivente, unita all’inerzia istruttoria sulle circostanze sopravvenute, integra un vizio sostanziale di illegittimità, che comporta l’annullamento dell’atto.


Ambasciate e ritardi: quando il diritto al ricongiungimento passa dal giudice Benvenuti a Diritto dell’Immigrazione. Oggi parliamo della sentenza RG 54653/2024 del Tribunale di Roma, pubblicata il 27 febbraio 2025. Il caso riguarda un cittadino straniero che, pur avendo ottenuto il nulla osta per far arrivare la moglie, non riusciva a ottenere un appuntamento presso l’ambasciata italiana ad Accra. Il Tribunale ha respinto la richiesta di rilascio del visto, ma ha accolto la domanda di fissazione dell’appuntamento consolare, affermando che l’amministrazione ha l’obbligo di attivarsi quando la richiesta è tempestiva e completa. Elemento centrale: è il luogo di residenza effettiva, non la cittadinanza, a determinare quale ambasciata è competente. In questo caso, la moglie risiedeva in Ghana: dunque era corretta la richiesta presso l’ambasciata di Accra. Una decisione importante che conferma un principio essenziale: l’unità familiare è un diritto, e la burocrazia non può svuotarlo. Grazie per l’ascolto. Ci sentiamo presto, sempre qui, su Diritto dell’Immigrazione. https://www.youtube.com/watch?v=Uhpuez2u_hs


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La mancata fissazione dell’appuntamento consolare quale lesione del diritto all’unità familiare: un'analisi della sentenza del Tribunale di Roma (RG n. 54653/2024, sent. 27 febbraio 2025)

 

La mancata fissazione dell’appuntamento consolare quale lesione del diritto all’unità familiare: un'analisi della sentenza del Tribunale di Roma (RG n. 54653/2024, sent. 27 febbraio 2025)

di Avv. Fabio Loscerbo

1. Premessa

La sentenza in commento affronta un nodo cruciale nella prassi delle rappresentanze diplomatico-consolari italiane in materia di rilascio del visto per ricongiungimento familiare: la mancata fissazione dell’appuntamento per la formalizzazione della domanda, nonostante la presenza di un nulla osta già rilasciato e in corso di validità. Il Tribunale, pur non riconoscendo il diritto immediato al rilascio del visto, accoglie parzialmente il ricorso ordinando la fissazione dell’appuntamento per la formalizzazione della domanda e la legalizzazione dei documenti, riaffermando la rilevanza dell’unità familiare nel sistema di tutela giurisdizionale.

2. Il contesto fattuale e processuale

Il ricorrente aveva ottenuto nel 2024 un nulla osta per ricongiungimento familiare in favore della moglie, cittadina del Benin ma residente in Ghana. Nonostante la tempestiva attivazione per prenotare l’appuntamento presso l’Ambasciata d’Italia ad Accra, ogni tentativo era risultato vano. La domanda di visto, benché formalmente cristallizzata, non aveva trovato seguito operativo. Dopo l’inoltro di una diffida e il successivo silenzio dell’Amministrazione, il ricorrente ha adito il Tribunale, formulando sia domanda cautelare che di merito.

Il punto critico si è incentrato sulla condotta dell’ambasciata, la quale, in sede di legalizzazione dei documenti, aveva eccepito un supposto difetto di competenza territoriale per via della cittadinanza beninese della richiedente, nonostante la stabile residenza in Ghana.

3. La decisione del Tribunale

Il Tribunale respinge sia la domanda cautelare sia la domanda principale di rilascio del visto. Viene infatti esclusa la sussistenza del periculum in mora, rilevando l’assenza di elementi personalizzati tali da differenziare la situazione del ricorrente rispetto a quella di altri soggetti in analoga posizione.

Tuttavia, la domanda relativa alla fissazione dell’appuntamento per la formalizzazione della richiesta e la legalizzazione dei documenti viene accolta. Il Tribunale riconosce la validità e la tempestività della richiesta di visto, sottolineando come la residenza effettiva della richiedente in Ghana – e non la cittadinanza – determini la competenza dell’Ambasciata ad Accra. È questo un punto dirimente, che corregge una prassi consolare arbitraria, priva di base normativa.

4. La portata giuridica della pronuncia

La pronuncia chiarisce due aspetti fondamentali:

  • La cristallizzazione della domanda di visto per ricongiungimento avviene con la richiesta tempestiva e documentata dell’interessato, anche in assenza di un appuntamento fissato;

  • Il luogo di residenza effettiva del familiare all’estero è il criterio determinante per la competenza territoriale della rappresentanza consolare, e non la cittadinanza del soggetto.

Si tratta di principi che, sebbene già presenti nel sistema normativo, faticano a trovare coerente applicazione nella prassi amministrativa. Il giudice chiarisce che la funzione consolare non può sottrarsi all’obbligo di dare seguito alla domanda di visto avanzata nei termini, non potendo fondare eccezioni su criteri non normativi.

5. Conclusioni

La sentenza RG n. 54653/2024 del Tribunale di Roma costituisce un precedente significativo per tutti i casi in cui la condotta omissiva delle rappresentanze consolari italiane impedisce di fatto l’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare. Sebbene il giudice non si sia spinto sino a ordinare il rilascio del visto (ritenendo non ancora compiuta la fase istruttoria amministrativa), ha tuttavia riconosciuto il diritto del richiedente alla fissazione di un appuntamento, primo atto necessario per l’avvio del procedimento amministrativo.

La pronuncia, quindi, si pone come uno strumento di tutela giurisdizionale efficace contro l’inerzia consolare, che rischia troppo spesso di tradursi in una lesione sistemica dei diritti fondamentali, primo fra tutti quello all’unità familiare sancito dagli artt. 29 e ss. del T.U. Immigrazione e dall’art. 8 CEDU.


domenica 18 maggio 2025

Ricongiungimento familiare: procedimento unitario, non spezzabile 🎧 TITOLO: Ricongiungimento familiare: procedimento unitario, non spezzabile 📎 Ordinanza Tribunale di Roma, R.G. n. 611/2025 – 7 aprile 2025 🎙️ CONTENUTO EPISODIO: Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 7 aprile 2025, ha ribadito un principio fondamentale in tema di ricongiungimento familiare: il procedimento – articolato tra nulla osta rilasciato dallo Sportello Unico e visto consolare rilasciato dal Consolato – è unitario e progressivo. Questo significa che non può essere interrotto o spezzato arbitrariamente, soprattutto quando il nulla osta è già stato concesso e la documentazione è completa. Nel caso esaminato, riguardante figli minori, il giudice ha disposto il rilascio del visto provvisorio, riconoscendo il rischio di danno irreparabile legato alla lontananza familiare. 🎤 A cura dell’Avv. Fabio Loscerbo https://www.youtube.com/watch?v=rQt_wOWqzqE


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Ricongiungimento familiare: procedimento unitario, non spezzabile 🎧 TITOLO: Ricongiungimento familiare: procedimento unitario, non spezzabile 📎 Ordinanza Tribunale di Roma, R.G. n. 611/2025 – 7 aprile 2025 🎙️ CONTENUTO EPISODIO: Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 7 aprile 2025, ha ribadito un principio fondamentale in tema di ricongiungimento familiare: il procedimento – articolato tra nulla osta rilasciato dallo Sportello Unico e visto consolare rilasciato dal Consolato – è unitario e progressivo. Questo significa che non può essere interrotto o spezzato arbitrariamente, soprattutto quando il nulla osta è già stato concesso e la documentazione è completa. Nel caso esaminato, riguardante figli minori, il giudice ha disposto il rilascio del visto provvisorio, riconoscendo il rischio di danno irreparabile legato alla lontananza familiare. 🎤 A cura dell’Avv. Fabio Loscerbo https://www.youtube.com/watch?v=rQt_wOWqzqE


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Il diritto al ricongiungimento familiare tra unità del procedimento e centralità del minore Nota a ordinanza del Tribunale di Roma, Sezione Immigrazione, 7 aprile 2025, R.G. n. 611/2025

 

Il diritto al ricongiungimento familiare tra unità del procedimento e centralità del minore

Nota a ordinanza del Tribunale di Roma, Sezione Immigrazione, 7 aprile 2025, R.G. n. 611/2025

Nel contesto delle numerose problematiche giuridiche legate al ricongiungimento familiare con cittadini stranieri residenti in Italia, l’ordinanza del Tribunale di Roma del 7 aprile 2025 (R.G. n. 611/2025) offre un’importante conferma circa il valore del diritto all’unità familiare e l’impostazione interpretativa che assume come parametro centrale l’interesse del minore.

La vicenda oggetto del provvedimento cautelare riguarda il diniego, da parte del Consolato italiano in Nigeria, dei visti per ricongiungimento familiare in favore di tre minori, nonostante fosse già intervenuto il rilascio del nulla osta da parte dello Sportello Unico per l’Immigrazione. La ricorrente aveva attivato tutte le procedure previste, incluse quelle per la verifica del DNA tramite l’IOM e la legalizzazione degli atti di nascita e dell’atto di morte del padre dei minori. Il rigetto amministrativo, comunicato mentre le istruttorie risultavano ancora formalmente aperte, ha condotto all’avvio del ricorso ex art. 700 c.p.c.

Il Tribunale ha accolto l’istanza cautelare, richiamando un orientamento consolidato della Cassazione secondo cui il procedimento di ricongiungimento è unitario e progressivo, articolato in una fase interna (rilascio del nulla osta) e una esterna (rilascio del visto consolare), che devono essere coordinate in modo coerente. La presenza del nulla osta – già favorevole – rende sproporzionato e lesivo il rigetto dei visti in assenza di motivazioni concrete e definitive.

In ordine al fumus boni iuris, il giudice ha ritenuto pienamente sufficiente la documentazione prodotta in giudizio, comprensiva di tutti gli elementi previsti dalla normativa vigente. Con riferimento al periculum in mora, il Tribunale ha ribadito come, in caso di minori, il decorso del tempo costituisca un danno irreparabile, richiamando sia precedenti giurisprudenziali dello stesso foro sia le principali fonti sovranazionali (Convenzione di New York del 1989, Convenzione europea sui diritti del fanciullo, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea).

L’ordinanza dispone quindi il rilascio immediato, seppur provvisorio, dei visti di ingresso, riaffermando implicitamente che l'interesse superiore del minore è un principio prevalente anche nei procedimenti amministrativi relativi all’immigrazione.

L’importanza della pronuncia va ben oltre il caso concreto, poiché ribadisce che l’azione consolare non può divenire un ostacolo alla tutela di un diritto soggettivo fondamentale quale l’unità familiare. Inoltre, essa richiama il dovere delle autorità amministrative di garantire coerenza tra le diverse fasi procedimentali e rispetto sostanziale della volontà normativa.

In conclusione, si tratta di un intervento giudiziario che contribuisce a colmare il frequente scollamento tra i principi dell’ordinamento e le prassi amministrative, rafforzando il ruolo della giurisdizione civile nella tutela dei diritti fondamentali delle persone straniere, in particolare quando vi siano minori coinvolti.


✍️ Avv. Fabio Loscerbo

Rigetto della Sospensiva in Materia di Conversione del Permesso di Soggiorno: Ordinanza TAR Emilia-Romagna, R.G. 492/2025 del 14 maggio 2025

 Rigetto della Sospensiva in Materia di Conversione del Permesso di Soggiorno: Ordinanza TAR Emilia-Romagna, R.G. 492/2025 del 14 maggio 2025


Abstract:
Con l’ordinanza n. 492/2025, il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna ha rigettato l’istanza cautelare proposta da un cittadino straniero avverso il provvedimento di revoca del nulla osta alla conversione del permesso di soggiorno da stagionale a subordinato. Nonostante la difesa avesse dedotto l’esistenza di fatti sopravvenuti e straordinari (in primis, gli eventi alluvionali del 2023 in Emilia-Romagna), il Collegio ha ritenuto prevalente la valutazione negativa sulla capacità reddituale del datore di lavoro.


1. Premessa
Il procedimento nasce dall'impugnazione, da parte del lavoratore straniero, di un provvedimento della Prefettura di Bologna con cui veniva revocato il nulla osta alla conversione del permesso di soggiorno per lavoro stagionale in subordinato, motivato dalla presunta insufficienza reddituale dell’impresa agricola datrice di lavoro.

L’istanza cautelare ex art. 55 c.p.a. mirava a ottenere la sospensione del provvedimento, evidenziando da un lato la fondatezza giuridica del ricorso (fumus boni iuris) e dall’altro l’urgenza e l’irreparabilità del pregiudizio (periculum in mora).


2. Il contesto fattuale e normativo
Nel caso di specie, la revoca del nulla osta è fondata sulla mancata dimostrazione del requisito reddituale minimo, pari a 30.000 euro annui, previsto dal combinato disposto dell’art. 30-bis, comma 8, del D.P.R. 394/1999 e del D.M. 27 maggio 2020.

La difesa ha contestato la rigidità di tale valutazione, rappresentando che la difficoltà economica era frutto di eventi alluvionali che avevano colpito l’azienda agricola del datore di lavoro, compromettendone temporaneamente la produttività. A corredo veniva depositata anche una relazione geologica a firma di tecnico abilitato, attestante i danni subiti.


3. Le argomentazioni dell’Amministrazione e l’ordinanza del TAR
La Prefettura, nonostante la memoria difensiva ex art. 10-bis L. 241/1990, ha confermato la revoca del nulla osta, ritenendo non superata l'insufficienza reddituale del datore di lavoro.

Il TAR ha condiviso tale impostazione, osservando che l’insussistenza del requisito reddituale non era stata sostanzialmente contestata nella sua esistenza oggettiva, e che i fattori dedotti a giustificazione (ripresa dell’attività e eventi meteorici) non erano idonei a invalidare tale carenza.

Di conseguenza, ha respinto la richiesta di sospensione cautelare, compensando le spese della fase cautelare per la particolarità della vicenda.


4. Riflessioni critiche
L’ordinanza merita un commento critico sotto il profilo della tenuta sistemica dell’impianto normativo in tema di immigrazione e lavoro. Il rigetto della sospensiva appare in controtendenza rispetto a un orientamento giurisprudenziale consolidato (v. TAR Emilia-Romagna, ord. n. 408/2023; TAR Lecce, ord. n. 83/2025), secondo cui non è conforme al principio di proporzionalità penalizzare il lavoratore per carenze imputabili al datore di lavoro, soprattutto se temporanee e derivanti da cause di forza maggiore.

Non va dimenticato che l'art. 22 T.U. Immigrazione consente la revoca del nulla osta in caso di successiva perdita dei requisiti, il che implica anche la possibilità di concederlo in via provvisoria quando l'attività sia effettivamente in corso, come nel caso di specie.

Inoltre, la non valutazione dell’intera documentazione difensiva, che includeva dati economici aggiornati e patrimonio immobiliare del datore di lavoro, potrebbe configurare un vizio di motivazione e difetto di istruttoria in sede di giudizio di merito.


5. Conclusioni
Il caso solleva importanti interrogativi sul ruolo del giudice amministrativo nella tutela del lavoratore straniero integrato, in presenza di rigidità amministrative che non tengono conto della realtà economica dinamica né delle contingenze straordinarie. La decisione cautelare non esaurisce il merito del giudizio, che potrà ancora ribaltare l’esito, ma lancia un monito sul rischio che l’approccio meramente formale possa minare la funzione costituzionale dell’integrazione lavorativa come strumento di coesione sociale.


Avv. Fabio Loscerbo

Il diritto al ritiro temporaneo del passaporto durante la procedura di asilo: nota a Tribunale di Bologna, ordinanza n. R.G. 1222/2025 del 7 marzo 2025

 Il diritto al ritiro temporaneo del passaporto durante la procedura di asilo: nota a Tribunale di Bologna, ordinanza n. R.G. 1222/2025 del 7 marzo 2025


Abstract:
Con l’ordinanza del 7 marzo 2025, il Tribunale di Bologna ha disposto la restituzione temporanea del passaporto a un richiedente protezione internazionale, pur in pendenza della procedura, al fine di consentirgli operazioni bancarie e il rinnovo del documento presso le autorità consolari. La decisione chiarisce il bilanciamento tra l’obbligo di consegna del passaporto ex art. 11 del D.lgs. 25/2008 e il diritto del richiedente ad avere accesso a strumenti essenziali di identificazione per esigenze concrete e documentate.


1. Introduzione
Il caso deciso dal Tribunale di Bologna concerne un aspetto operativo e delicato della procedura di protezione internazionale: la possibilità per il richiedente di rientrare temporaneamente in possesso del proprio passaporto, già consegnato alla Questura, in pendenza della domanda di asilo.


2. Il contesto normativo: art. 11 D.lgs. 25/2008
L’articolo 11, comma 1 del D.lgs. 25/2008 stabilisce l’obbligo per il richiedente asilo di consegnare il passaporto alle autorità competenti. Tale disposizione è finalizzata a garantire l’identificazione del soggetto e a impedire l’uso di documenti validi per espatriare durante la procedura. Tuttavia, non si configura come un divieto assoluto di utilizzo temporaneo del documento per finalità amministrative o personali non incompatibili con la procedura in corso.


3. Le esigenze del ricorrente
Nel caso in esame, il richiedente aveva documentato la necessità di utilizzare il passaporto — seppure scaduto — per due finalità legittime:

  • Chiudere una carta prepagata presso un istituto bancario che richiedeva un documento d’identità in originale e in corso di validità;

  • Rinnovare il passaporto presso il consolato del Paese d’origine, procedura che presuppone la consegna fisica del documento scaduto.


4. La motivazione del Tribunale
Il Tribunale ha ritenuto che l’obbligo di consegna non impedisca l’uso temporaneo del documento qualora esistano esigenze concrete e non abusive. In particolare, ha rilevato che il passaporto è indispensabile per il rinnovo stesso e che, una volta utilizzato per lo scopo dichiarato, il ricorrente ha l’obbligo di riconsegnarlo alla Questura.

La pronuncia sottolinea inoltre che tali necessità rientrano nei limiti del principio di collaborazione e buona fede che governa l’intera procedura di protezione internazionale.


5. Decisione finale e spese
Il Giudice ha accolto l’istanza cautelare e disposto la restituzione del passaporto, precisando che il nuovo documento — una volta ottenuto — dovrà essere riconsegnato alle autorità. Le spese di lite sono state compensate, considerata la particolarità della questione e l’assenza di una resistenza attiva da parte della Pubblica Amministrazione.


6. Conclusioni
Questa ordinanza si colloca all’interno di un orientamento giurisprudenziale volto a garantire un’interpretazione flessibile e proporzionata degli obblighi imposti al richiedente asilo. Essa riafferma che i diritti fondamentali e le esigenze pratiche della vita quotidiana — come l’identificazione presso terzi — devono trovare spazio anche all’interno del procedimento amministrativo di protezione, purché nel rispetto della legalità.


Avv. Fabio Loscerbo