domenica 3 agosto 2025

TAR Parma: irricevibile il ricorso per ritardato deposito a causa dell’utilizzo di un modulo obsoletoSentenza del TAR Emilia-Romagna, Sezione staccata di Parma (Sezione Prima), n. 300/2025, pubblicata il 27 giugno 2025 – R.G. n. 297/2025

TAR Parma: irricevibile il ricorso per ritardato deposito a causa dell’utilizzo di un modulo obsoleto

Sentenza del TAR Emilia-Romagna, Sezione staccata di Parma (Sezione Prima), n. 300/2025, pubblicata il 27 giugno 2025 – R.G. n. 297/2025

Con la sentenza n. 300/2025, il TAR Parma ha dichiarato irricevibile un ricorso proposto contro il provvedimento della Questura di Piacenza che disponeva l’archiviazione dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo. La decisione si fonda su una causa di natura processuale: il mancato rispetto del termine decadenziale per il deposito del ricorso, pari a 30 giorni dalla notificazione.

1. Il contesto del ricorso: rinnovo del permesso e archiviazione

Il ricorso originava dalla decisione della Questura di Piacenza di archiviare, a distanza di anni, un’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno presentata nel 2019, senza preavviso di rigetto né adeguata valutazione della situazione personale del richiedente, residente in Italia da lungo tempo.

La parte ricorrente lamentava una carente istruttoria e l’omessa considerazione della posizione soggettiva dello straniero, chiedendo l’annullamento del provvedimento.

2. L’eccezione procedurale e il deposito oltre il termine

Il Tribunale, rilevato d’ufficio il profilo di irricevibilità, ha posto l’attenzione sulla data di deposito del ricorso, avvenuta il 27 maggio 2025, ovvero al trentunesimo giorno successivo alla notificazione del provvedimento impugnato (26 aprile 2025), in violazione dell’art. 45, comma 1, c.p.a.

In camera di consiglio, la difesa ha sostenuto che un primo tentativo di deposito era stato effettuato il 26 maggio, ma che era stato respinto dal Sistema Informatico della Giustizia Amministrativa. Tuttavia, tale errore è risultato imputabile esclusivamente alla parte, la quale ha utilizzato un modulo di deposito non aggiornato, come comunicato con apposito messaggio PEC dal sistema stesso (“E013 – il modulo di deposito utilizzato non è più valido”).

3. Errore inescusabile e responsabilità del difensore

Il Collegio ha escluso la sussistenza di un errore scusabile, evidenziando come la comunicazione automatica del sistema fosse chiara e recapitata con tempismo tale da consentire il corretto deposito entro i termini. La mancata osservanza dell’obbligo di aggiornare il modulo è stata dunque considerata un’omissione inescusabile, interamente ascrivibile alla parte ricorrente.

Ne consegue la declaratoria di irricevibilità del ricorso, in applicazione rigorosa dei termini decadenziali previsti dal Codice del processo amministrativo.

4. Spese compensate e tutela della riservatezza

Nonostante il rigetto, il TAR ha disposto la compensazione integrale delle spese, rilevando l’assenza di un’eccezione processuale da parte dell’Amministrazione resistente.

Ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. n. 196/2003 e del Regolamento UE 2016/679, è stato inoltre ordinato l’oscuramento delle generalità del ricorrente e del difensore, a tutela della riservatezza degli interessati.


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Avv. Fabio Loscerbo



sabato 2 agosto 2025

Diniego del permesso stagionale per ingresso con divieto di reingresso: il TAR Palermo rigetta il ricorso per infondatezza e inammissibilità parzialeSentenza del TAR Sicilia – Palermo, Sez. III, n. 1514/2025, pubblicata il 4 luglio 2025 – R.G. n. 873/2025

Diniego del permesso stagionale per ingresso con divieto di reingresso: il TAR Palermo rigetta il ricorso per infondatezza e inammissibilità parziale

Sentenza del TAR Sicilia – Palermo, Sez. III, n. 1514/2025, pubblicata il 4 luglio 2025 – R.G. n. 873/2025

Con la sentenza n. 1514/2025, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza) ha respinto un ricorso proposto avverso il rigetto dell’istanza di rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato stagionale, nonché contro i connessi provvedimenti di espulsione e respingimento con accompagnamento alla frontiera.

Il caso trae origine dal diniego adottato dalla Questura di Agrigento, motivato dalla sussistenza di un divieto di reingresso in Italia per tre anni, emesso in occasione di un precedente respingimento alla frontiera nel 2022. Il ricorrente, munito di visto per lavoro stagionale, aveva comunque fatto ingresso nel territorio nazionale e aveva avanzato regolare istanza di rilascio del permesso di soggiorno.

1. I motivi di ricorso e l’errore di persona dedotto

Il ricorrente ha articolato diverse censure, sostenendo, in primo luogo, che il diniego si fondava su un errore di persona: secondo la prospettazione difensiva, il divieto di reingresso sarebbe stato adottato nei confronti di un soggetto diverso, erroneamente identificato con il ricorrente. Inoltre, è stata dedotta la mancata considerazione dell’inserimento lavorativo e sociale del richiedente, nonché l’assenza del preavviso di rigetto ex art. 10-bis della L. n. 241/1990.

Ulteriore motivo di ricorso ha riguardato la mancata valutazione, da parte dell’Amministrazione, dell’opportunità di differire il respingimento, come previsto dall’art. 13, comma 5, del T.U. Immigrazione.

2. La verifica AFIS e l’efficacia probatoria degli atti

Il TAR ha tuttavia rigettato le censure, ritenendole infondate o inammissibili. Sotto il profilo dell’identificazione, il Collegio ha evidenziato come il riscontro AFIS delle impronte digitali fornisca una prova fidefaciente dell’identità, assimilabile agli atti di un pubblico ufficiale ai sensi degli artt. 2699 ss. c.c. In assenza di querela di falso o di istanza di verificazione, l’identità del ricorrente con il soggetto destinatario del divieto di reingresso deve considerarsi accertata in via definitiva.

3. Il carattere vincolato del diniego e la non rilevanza del vizio procedimentale

Richiamando l’art. 5, comma 5, del d.lgs. 286/1998, il Tribunale ha ribadito che in presenza di cause ostative all’ingresso (quale, appunto, il divieto di reingresso), il diniego del permesso è atto vincolato. Pertanto, non sussiste spazio per censure relative a vizi motivazionali o di eccesso di potere. In tal senso, si richiama la giurisprudenza del TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, sent. n. 83/2017.

Anche l’omessa comunicazione del preavviso di rigetto non incide sull’esito del procedimento, ai sensi dell’art. 21-octies, comma 2, della legge 241/1990, trattandosi di provvedimento che, per sua natura vincolata, avrebbe comunque avuto identico contenuto dispositivo.

4. Difetto di giurisdizione su alcune censure e spese processuali

Il TAR ha inoltre dichiarato inammissibili le censure relative al decreto prefettizio di espulsione, in quanto afferenti alla giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria, ai sensi dell’art. 13, comma 8, del T.U. Immigrazione.

Le spese di lite sono state poste a carico del ricorrente, con liquidazione ridotta in considerazione della semplicità del rito. L’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato è stata rigettata per manifesta infondatezza del ricorso.


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Avv. Fabio Loscerbo



venerdì 1 agosto 2025

Diniego del permesso di soggiorno per pericolosità sociale: il TAR Palermo legittima il rigetto nonostante la presenza di legami familiari e lavorativiSentenza del TAR Sicilia – Palermo, Sezione Terza, n. 1518/2025, pubblicata il 4 luglio 2025 – R.G. n. 1664/2024

Diniego del permesso di soggiorno per pericolosità sociale: il TAR Palermo legittima il rigetto nonostante la presenza di legami familiari e lavorativi

Sentenza del TAR Sicilia – Palermo, Sezione Terza, n. 1518/2025, pubblicata il 4 luglio 2025 – R.G. n. 1664/2024

Con la sentenza in esame, il TAR Palermo ha rigettato un ricorso avverso un provvedimento di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, motivato dalla pericolosità sociale dello straniero. Il rigetto del ricorso è avvenuto previa declaratoria di improcedibilità dell’impugnazione introduttiva, superata da un nuovo provvedimento emesso in sede di riesame.

1. Il contesto procedurale

Il ricorrente aveva impugnato il primo provvedimento di rigetto adottato dalla Questura di Palermo, denunciando numerosi vizi, tra cui l’omessa valutazione dei legami familiari con la consorte e un figlio minore, regolarmente residenti in Italia. Accolta in via cautelare l’istanza di sospensione, il Tribunale aveva disposto il riesame da parte dell’Amministrazione.

Successivamente, il Questore ha emesso un nuovo diniego, nuovamente impugnato con motivi aggiunti. In sede di camera di consiglio, il TAR ha ritenuto il ricorso introduttivo improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, sostituito dalla nuova determinazione amministrativa.

2. Il fondamento del diniego e la valutazione della pericolosità sociale

Il diniego è stato motivato con riferimento all’esito di una valutazione prefettizia ex art. 1 del d.lgs. 159/2011 (Codice Antimafia), secondo cui il ricorrente era ritenuto socialmente pericoloso, per la partecipazione a un’associazione criminale dedita a truffe online e al riciclaggio dei proventi. Le valutazioni dell’Amministrazione si sono fondate su dati concreti: pendenze penali, misure cautelari personali e reali, ruolo attivo nel sodalizio, nonché disponibilità diretta dei profitti illeciti.

Il TAR ha ritenuto legittima tale istruttoria e ha chiarito che il giudizio di pericolosità sociale può fondarsi anche su meri elementi indiziari, senza necessità di una condanna penale definitiva. La funzione di prevenzione insita nella normativa in materia di soggiorno legittima l’Amministrazione a svolgere un apprezzamento anticipatorio del rischio per l’ordine pubblico e la sicurezza.

3. Il bilanciamento con i legami familiari e lavorativi

La sentenza si sofferma anche sull’argomentazione secondo cui i legami familiari e la parziale integrazione sociale avrebbero dovuto impedire un giudizio negativo. Tuttavia, il Tribunale osserva come tali elementi siano stati effettivamente valutati nel riesame, ma non abbiano prevalso nel bilanciamento con l’interesse pubblico primario alla sicurezza.

Richiamando la giurisprudenza del TAR Lombardia (Brescia, Sez. II, sent. n. 487/2020), viene ribadito che la mera titolarità di relazioni familiari e lavorative non impedisce di per sé un giudizio di pericolosità sociale, soprattutto in presenza di condotte che dimostrano un’integrazione solo formale e non sostanziale nel tessuto civile.

4. Decisione sulle spese e patrocinio a spese dello Stato

Nonostante il rigetto del ricorso, il Tribunale ha ammesso in via definitiva il ricorrente al patrocinio a spese dello Stato, ritenendo non manifestamente infondate le censure proposte. Le spese del giudizio sono state poste a carico del ricorrente, liquidate in € 1.500,00 oltre accessori di legge.


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Avv. Fabio Loscerbo