sabato 13 settembre 2025

Bologna, il Tribunale: “Fissare l’appuntamento e formalizzare la domanda d’asilo entro 15 giorni”

 

Bologna, il Tribunale: “Fissare l’appuntamento e formalizzare la domanda d’asilo entro 15 giorni”

Lead

Con un’ordinanza del 23 agosto 2025, il Tribunale di Bologna – Sezione protezione internazionale ha accolto il ricorso di una richiedente, disponendo che la Questura la convochi e formalizzi la domanda di protezione internazionale entro 15 giorni. Al centro del caso: le code allo sportello e la difficoltà di accesso. Per gli operatori, il messaggio è chiaro: rispettare i tempi e assicurare la registrazione con modello C3 e assegnazione VESTANET, rilasciando la ricevuta/permesso per richiesta asilo.

Contesto

La ricorrente aveva più volte manifestato la volontà di chiedere protezione e si era presentata allo Sportello Asilo, senza riuscire ad accedere per contingentamenti d’ingresso. Il giudice ha richiamato i principi che governano la fase iniziale della procedura: lo Stato deve rendere possibile la presentazione e registrazione della domanda entro termini ragionevoli, in linea con art. 6 della Direttiva 2013/32/UE e con art. 26 d.lgs. 25/2008. Quando l’organizzazione dello sportello finisce per impedire o ritardare irragionevolmente l’esercizio del diritto, si configura un pregiudizio che legittima il rimedio cautelare e l’ordine di provvedere.

Nel dispositivo, oltre alla convocazione, è previsto il contestuale rilascio del titolo di soggiorno per richiesta asilo ai sensi dell’ art. 4 d.lgs. 142/2015, con l’indicazione del codice fiscale. Le spese sono compensate in ragione delle difficoltà oggettive nella gestione dei flussi.

Cosa cambia (in pratica)

  • Tempi certi: la Questura deve fissare un appuntamento in data determinata e formalizzare la domanda. Le file prolungate non giustificano rinvii sine die.
  • Registrazione completa: redazione del modello C3, assegnazione VESTANET e rilascio della ricevuta–permesso.
  • Tutela della persona: priorità per condizioni di vulnerabilità e salute; traduzione/interpretariato e informativa sui diritti.
  • Documentazione: utile portare PEC e diffide inviate, eventuali prove dell’istanza e certificazioni mediche per l’accesso prioritario.
  • Uso della cautelare: se l’accesso è impossibile, si può attivare un ricorso d’urgenza; la giurisprudenza valuta fumus e periculum anche alla luce della prassi del Tribunale.

Mini-FAQ

Ho scritto alla Questura ma non mi danno appuntamento: che fare?

Conserva le PEC, prova a presentarti nelle giornate indicate e chiedi che sia registrata la tua presenza. Se l’accesso resta impossibile, valuta con il tuo legale un ricorso cautelare per ottenere un ordine di convocazione entro termini certi.

Devo presentare subito il C3?

Il C3 viene redatto in Questura al momento della formalizzazione: contiene i tuoi dati e la sintesi dei motivi. Chiedi copia e verifica che sia inserito l’identificativo VESTANET.

Il permesso per richiesta asilo arriva subito?

Dopo la registrazione, va rilasciata la ricevuta con valore di titolo, con codice fiscale. Segui gli stati pratica e, se emergono ritardi ingiustificati, fai istanza di sollecito.

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Avv. Fabio Loscerbo

Cassazione: senza convalida del giudice il trattenimento in CPR non regge. Stop alle “48 ore ponte” del DL 37/2025; cosa cambia per Italia e Albania.

 

Cassazione: senza convalida del giudice il trattenimento in CPR non regge. Stop alle “48 ore ponte” del DL 37/2025; cosa cambia per Italia e Albania.

Cassazione: stop alla detenzione “senza convalida”. E ora cosa cambia

Lead

Con l’ordinanza 30297/2025 (4 settembre) la Corte di cassazione stabilisce che, se il trattenimento in CPR non è convalidato, la persona va liberata subito. Nel mirino la clausola del DL 37/2025 che consentiva una permanenza fino a 48 ore in attesa di un nuovo decreto del questore. Effetti immediati per questure e gestori, inclusi i flussi collegati al progetto Italia–Albania.

Contesto

Il DL 28 marzo 2025, n. 37 (convertito nella L. 75/2025) ha ridefinito varie fasi del sistema, prevedendo il “ponte” di 48 ore dopo la mancata convalida. La Cassazione contesta questa deroga richiamando i limiti costituzionali alla restrizione della libertà personale. Sullo sfondo, la giurisprudenza UE che chiede controllo giurisdizionale effettivo e stop agli automatismi nelle procedure.

Cosa cambia

  • Liberazione immediata: se la convalida non arriva o è negata, il trattenimento non può proseguire neppure “per 48 ore”.
  • Nuovi decreti solo in libertà: la riedizione della misura richiede nuovi presupposti e nuova convalida; non legittima la permanenza in CPR.
  • Tracciabilità e responsabilità: verbali, orari e motivazioni vanno documentati; altrimenti crescono i rischi di contenzioso e risarcimento.
  • Albania: i rientri dopo non convalida non giustificano trattenimenti “automatici”; valgono le stesse garanzie.

Mini-FAQ

La norma delle “48 ore” è già incostituzionale?

La Cassazione ha sollevato questione alla Corte costituzionale. Nell’attesa, il principio applicabile è: senza convalida, liberazione immediata.

Le questure possono emettere un nuovo decreto?

Sì, ma ciò non consente di trattenere nel frattempo. La nuova misura richiede motivazione autonoma e pronta convalida.

Il progetto Italia–Albania è bloccato?

No, ma va adattato: niente automatismi; pieno accesso alla difesa; rispetto dei tempi e delle garanzie fissati dai giudici.

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Avv. Fabio Loscerbo

Cassazione 4 settembre 2025 — Trattenimento nei CPR senza convalida: obbligo di immediata liberazione; questione di costituzionalità su DL 37/2025 | ACC 30' prima di JRN

 

Abstract

Con l’ordinanza n. 30297/2025 (Sez. I penale, deposito 4 settembre 2025), la Corte di cassazione afferma che il richiedente asilo trattenuto in un Centro di permanenza per il rimpatrio (CPR) dev’essere immediatamente liberato quando la misura non è convalidata dal giudice. La Suprema Corte contesta la norma introdotta dal DL 28 marzo 2025, n. 37 (come convertito) che consente di permanere fino a 48 ore in attesa di un nuovo decreto del questore, ritenendola in contrasto con principi costituzionali, e rimette la questione alla Corte costituzionale. L’ordinanza incide sulla pratica quotidiana di questure e gestori dei CPR (in Italia e in relazione al progetto Italia–Albania) e apre una fase di transizione in cui amministrazioni e giudici devono ricalibrare prassi, modulistica e motivazioni, preservando al contempo esigenze di ordine pubblico e garanzie effettive. Il contributo ricostruisce il quadro normativo, i punti-chiave della decisione e le implicazioni operative per il sistema italiano, offrendo una check-list di conformità per ridurre contenzioso e rischi risarcitori.

Quadro normativo

Il trattenimento amministrativo ai fini del rimpatrio costituisce restrizione della libertà personale e presuppone, nell’ordinamento italiano, un provvedimento del questore e la convalida da parte dell’autorità giudiziaria entro termini stringenti. Nell’ambito del procedimento per la protezione internazionale, la disciplina si coordina con il d.lgs. 142/2015 (accoglienza e trattenimento) e con il d.lgs. 25/2008 (procedure), nonché con i vincoli derivanti dal diritto UE e dalla CEDU.

Con il DL 37/2025 (convertito nella L. 75/2025) il legislatore, tra gli interventi collegati al protocollo Italia–Albania, ha introdotto una clausola che consente, in caso di mancata convalida, di trattenere comunque fino a 48 ore il richiedente, purché il questore adotti entro quel termine un nuovo decreto (schema che mira a sanare vizi o sopravvenienze). Questo meccanismo—pensato per evitare “vuoti” nella custodia—ha generato forti dubbi di legittimità: la mancata convalida è infatti segnale che la misura non regge, imponendo la liberazione immediata; un ulteriore “trattenimento ponte” rischia di tradursi in privazione senza titolo.

Il contesto europeo aggiunge un ulteriore livello: il 1° agosto 2025 la Corte di giustizia dell’UE ha richiamato gli Stati membri a evitare automatismi nelle procedure accelerate (es. uso delle liste di “Paesi sicuri”) e a garantire controllo giurisdizionale effettivo, incidendo anche sulle pratiche di trattenimento collegate ai percorsi “esternalizzati”. La decisione della Cassazione si pone quindi in una traiettoria di rafforzamento delle garanzie e di allineamento a standard europei e convenzionali.

Analisi

1) La portata dell’ordinanza 30297/2025

La Cassazione ribadisce un principio cardine: senza convalida non c’è titolo per privare della libertà personale. Il “regime ponte” di 48 ore non può colmare l’assenza di convalida con una deroga generalizzata—per di più basata su un nuovo atto amministrativo emesso dallo stesso apparato che ha già visto rigettata la misura. La Suprema Corte segnala contrasti con parametri costituzionali (libertà personale, riserva di giurisdizione, effettività della tutela) e rimette gli atti alla Consulta per il giudizio di legittimità. Nell’immediato, il dictum impone alle autorità di disporre la liberazione se la convalida manca o è negata.

2) Effetti immediati su questure e CPR

  • Liberazione senza ritardo: una volta negata la convalida, la permanenza nei locali del CPR non è più legittima; ogni ulteriore trattenimento rischia l’illegittimità e l’esposizione risarcitoria.

  • Nuovi decreti “correttivi”: l’adozione di un nuovo provvedimento, ove possibile, non può giustificare ex post la continuità del trattenimento; dovrà essere eseguito in libertà (salvo nuovi, autonomi presupposti convalitati).

  • Tracciabilità: occorre aggiornare registri e verbali con time-stamp della decisione giudiziaria e dell’ora di effettiva liberazione, per superare contestazioni su “trattenimenti di fatto”.

3) Rapporti con il modello Italia–Albania

La vicenda concreta decisa dalla Cassazione nasce in parte dalla gestione di casi collegati al centro di Gjadër (Albania). La regola processuale vale a prescindere dal luogo di prima custodia: se la convalida non interviene o non è concessa, il trasferimento “di ritorno” in Italia non può trasformarsi in una immediata reclusione in altro CPR per 48 ore. L’architettura dei flussi va quindi ricalibrata: il rientro in Italia dopo mancata convalida dev’essere verso lo stato di libertà, con eventuali misure diverse sorrette da nuovi e autonomi titoli (e convalida).

4) Giudici, difesa e garanzie effettive

  • Cooperazione istruttoria: la mancata convalida può dipendere da carenze probatorie dell’amministrazione (identità, pericolo di fuga, alternative meno afflittive). La riedizione della misura richiede nuovi elementi, non meri “copia-incolla”.

  • Rimedi cautelari: in presenza di dubbi sulla legittimità del trattenimento, le misure cautelari devono assicurare effettività (sospensioni, liberazioni tempestive).

  • Trasparenza: difesa e giudice devono poter accedere agli atti che sorreggono il trattenimento; verbali, informative, valutazioni sanitarie e di vulnerabilità vanno documentati.

5) Prassi amministrative: check-list di conformità

  1. Audit interno su tutti i casi non convalidati: liberazione entro ore 0–2 dalla conoscenza del provvedimento; attestazione firmata.

  2. Modulistica: aggiornare i modelli di decreto e le istruzioni per gli operatori, eliminando riferimenti a “permanenze-ponte” in attesa di nuovo decreto.

  3. Alternative al trattenimento: ove necessario, attivare misure meno afflittive (obblighi di presentazione, dimora) con valide motivazioni.

  4. Formazione: aggiornare Questure, personale CPR, interpreti e operatori su tempistiche e documentazione; focus su vulnerabilità (minori, salute mentale, vittime di tratta).

  5. Albania: definire procedure di rientro in libertà e tracciabilità cross-border; rivedere SLA con gestori e operatori logistici.

6) Intersezioni con il diritto UE

La giurisprudenza della Corte di giustizia (1° agosto 2025) valorizza il controllo giurisdizionale effettivo e la personalizzazione delle decisioni, scoraggiando automatismi che comprimano diritti. L’ordinanza 30297/2025 si muove nella stessa direzione, ricordando che la mancata convalida non è un inciampo procedurale ma un limite sostanziale: senza controllo giudiziale positivo non è lecito protrarre la privazione.

Conclusioni

L’ordinanza 30297/2025 segna un punto fermo: convalida o libertà. La clausola delle 48 ore introdotta dal DL 37/2025 espone a seri rischi di incostituzionalità e, in attesa della Consulta, non può essere usata per mantenere persone in detenzione di fatto. Per l’Italia la rotta è chiara: liberazioni tempestive in caso di non convalida; riedizione della misura solo su nuovi titoli e con pronta convalida; documentazione integrale e tracciabile; formazione continua degli operatori. È la via per conciliare efficienza e garanzie, riducendo il contenzioso e tutelando lo Stato di diritto.

Avv. Fabio Loscerbo

martedì 9 settembre 2025

📢 Questura di Rovigo – Nuove modalità per le richieste di Protezione Internazionale e Complementare



 📢 Questura di Rovigo – Nuove modalità per le richieste di Protezione Internazionale e Complementare

La Questura di Rovigo ha comunicato che, a decorrere dal 15 settembre 2025, cambiano gli orari e le modalità per la formalizzazione delle domande di Protezione Internazionale e Complementare:

  • 📅 Giorno di presentazione: il lunedì mattina (non più il martedì pomeriggio).

  • Orario di ingresso: entro le 09:30, per permettere il fotosegnalamento.

  • 👥 Numero massimo giornaliero: 12 richiedenti (esclusi dal conteggio i figli minori). Gli altri utenti verranno rinviati ad altra data.

🔹 Rinnovi dei permessi di soggiorno per richiesta di protezione (in generale): tramite il portale PrenotaFacile.
🔹 Primi rilasci del permesso per richiesta di protezione (titolari di Modello C3): possibile accesso anche il martedì pomeriggio, nell’orario dedicato alle informazioni.
🔹 Per problemi di iscrizione o utilizzo del portale, rivolgersi a CAF e Patronati Enac abilitati.

ℹ️ Si raccomanda a tutti i richiedenti di presentarsi personalmente e con puntualità.

venerdì 5 settembre 2025

Decreto Flussi 2025: le novità del 4 settembre e i nodi critici della riforma

 

Decreto Flussi 2025: le novità del 4 settembre e i nodi critici della riforma

Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 4 settembre 2025, ha approvato un decreto-legge con misure urgenti in materia di ingressi regolari di cittadini stranieri e di gestione dei flussi migratori. Si tratta di un provvedimento che, pur mantenendo la struttura della programmazione triennale, interviene su aspetti cruciali delle procedure amministrative e sui diritti dei lavoratori migranti.

Le principali novità

1. Decorrenza dei termini dal momento dell’imputazione alla quota
Il termine per il rilascio del nulla osta non parte più dalla presentazione della domanda, ma dall’imputazione alla quota disponibile. Un cambiamento che rende più aderente la tempistica al contingente effettivo, ma che rischia di allungare l’attesa nei territori dove l’imputazione è lenta.

2. Estensione delle verifiche sulle autodichiarazioni
I controlli, già previsti per alcune categorie, vengono ora estesi anche a ingressi fuori standard (ricerca, altamente qualificati, ICT, volontariato). Ciò garantisce maggiore trasparenza ma rischia di generare ritardi senza un adeguato coordinamento tra le amministrazioni.

3. Stabilizzazione del limite di tre domande per i privati
La regola introdotta in via sperimentale diventa strutturale: i datori privati potranno presentare al massimo tre istanze di nulla osta. Una misura pensata per ridurre gli abusi, ma che può penalizzare realtà con fabbisogni maggiori, come cooperative o famiglie con più esigenze di assistenza.

4. Permesso per soggiorno “in attesa di conversione”
Viene espressamente riconosciuto il diritto a soggiornare e a lavorare anche durante l’attesa della conversione del titolo di soggiorno, rafforzando le garanzie del lavoratore.

5. Rafforzamento delle tutele per le vittime di sfruttamento
Il permesso di soggiorno per le vittime di intermediazione e sfruttamento passa da sei a dodici mesi. Analoga estensione per i permessi di protezione sociale, con accesso all’Assegno di Inclusione per queste categorie e per le vittime di violenza domestica.

6. Ingressi fuori quota per assistenti familiari e sociosanitari
Stabilmente extra-quota gli ingressi per l’assistenza a disabili e grandi anziani. Tuttavia, nei primi dodici mesi il lavoratore resta vincolato all’attività autorizzata, con possibilità di cambiare datore solo previa autorizzazione dell’Ispettorato territoriale del lavoro.

7. Ricongiungimenti familiari e volontariato
Per i ricongiungimenti il termine per il nulla osta passa da 90 a 150 giorni, in linea con la normativa europea. I contingenti per i programmi di volontariato assumono carattere triennale.

8. Digitalizzazione con la nuova procedura ALI
È operativa la piattaforma digitale per la gestione dei contratti di soggiorno e dell’accordo di integrazione: il datore comunica online l’ingresso, viene generato automaticamente il codice fiscale, si firma digitalmente il contratto e si caricano i documenti entro 8 giorni. Un passo importante, ma con margini di criticità se dovessero emergere malfunzionamenti tecnici.

I profili critici

  • Slittamento dei termini: la decorrenza dal momento dell’imputazione alla quota rischia di posticipare la possibilità di far valere l’inerzia dell’amministrazione.

  • Rigidità del limite delle tre domande: misura utile contro gli abusi, ma poco flessibile per i datori con necessità plurime.

  • Lock-in dei dodici mesi per assistenti familiari: tutela i datori da turn over, ma espone i lavoratori a rischi di sfruttamento.

  • Allungamento dei tempi nei ricongiungimenti: l’estensione a 150 giorni potrebbe trasformarsi in una normalizzazione dei ritardi.

  • Digitalizzazione accelerata: la nuova procedura ALI è un salto di qualità, ma impone agli operatori di rispettare scadenze stringenti (8 giorni) che rischiano di essere penalizzanti in caso di disservizi tecnici.

Conclusioni

Il decreto segna un ulteriore passo verso la stabilizzazione del sistema dei flussi, con misure che mirano a razionalizzare e digitalizzare le procedure. Tuttavia, emergono nodi critici che richiedono interventi chiarificatori e risorse adeguate: senza linee guida e senza monitoraggio, il rischio è quello di spostare in avanti le difficoltà già note del sistema, più che di risolverle.

Il bilanciamento tra esigenze organizzative dello Stato e diritti dei lavoratori migranti resta dunque la vera sfida di questa riforma.

martedì 26 agosto 2025

Published: La sospensione ex lege nei procedimenti di protezione complementare: nota a Trib.

I published La sospensione ex lege nei procedimenti di protezione complementare: nota a Trib. on Medium.

La sospensione ex lege nei procedimenti di protezione complementare: nota a Trib. Napoli, decreto 26 agosto 2025, R.G. n. 17533-1/2025

 

La sospensione ex lege nei procedimenti di protezione complementare: nota a Trib. Napoli, decreto 26 agosto 2025, R.G. n. 17533-1/2025

Con decreto del 26 agosto 2025 (R.G. n. 17533-1/2025), il Tribunale di Napoli, Sezione civile feriale, ha dichiarato la sospensione ex lege dell’efficacia di un provvedimento di manifesta infondatezza emesso dalla Commissione Territoriale di Caserta nell’ambito di una domanda di protezione complementare, proposta all’interno della procedura di protezione internazionale.

Il ricorrente aveva presentato istanza il 4 febbraio 2025, definita dalla Commissione il 16 maggio 2025 con decisione di manifesta infondatezza per provenienza da Paese sicuro (Marocco), ai sensi dell’art. 28-bis d.lgs. 25/2008. L’audizione era stata fissata al 13 maggio 2025, dunque ben oltre il termine di sette giorni previsto dalla disciplina della procedura accelerata.

Il Tribunale ha osservato che la Commissione, pur avendo inizialmente applicato la procedura accelerata, aveva poi optato per la trattazione in via ordinaria, giustificandola con il numero elevato di domande. Ciò ha comportato – alla luce della giurisprudenza di legittimità – l’impossibilità di derogare al principio generale della sospensione automatica del provvedimento impugnato.

Richiamando il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza n. 11399 del 29 aprile 2024, il giudice partenopeo ha ribadito che la deroga alla sospensione automatica, prevista dall’art. 35-bis d.lgs. 25/2008 nei casi di manifesta infondatezza per Paese sicuro, opera solo se la procedura accelerata è stata applicata correttamente in tutte le sue articolazioni. In mancanza, si determina il ripristino della procedura ordinaria con conseguente riespansione della sospensione ex lege e applicazione del termine ordinario di trenta giorni per l’impugnazione.

Il provvedimento assume rilievo sistemico perché chiarisce che anche nel contesto della protezione complementare, introdotta in attuazione dell’art. 19, commi 1 e 1.1, d.lgs. 286/1998 e ormai parte integrante della procedura di protezione internazionale, la garanzia della sospensione ex lege resta principio inderogabile qualora l’amministrazione non rispetti i termini e le modalità della procedura accelerata.

Si tratta dunque di una decisione che rafforza l’idea che la protezione complementare, pur avendo un fondamento distinto rispetto allo status di rifugiato e alla protezione sussidiaria, non può essere trattata con modalità procedimentali semplificate a discapito delle garanzie minime previste dall’ordinamento processuale.


Avv. Fabio Loscerbo

domenica 17 agosto 2025

Cittadinanza iure sanguinis: cosa cambia dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 142/2025

 

Cittadinanza iure sanguinis: cosa cambia dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 142/2025

1. Il caso

Con la sentenza n. 142 del 31 luglio 2025, la Corte costituzionale si è pronunciata su una serie di questioni di legittimità costituzionale relative all’art. 1, comma 1, lett. a), della legge n. 91/1992.
La disposizione attribuisce la cittadinanza per nascita al figlio di padre o madre cittadini, senza porre limiti di generazione né ulteriori criteri di collegamento con l’Italia.

Diversi Tribunali (Bologna, Roma, Milano e Firenze) avevano rimesso alla Consulta giudizi avviati da discendenti di italiani nati e residenti all’estero, già titolari di altra cittadinanza. La critica principale era che l’attuale disciplina non garantirebbe l’effettività del legame con l’ordinamento italiano.

2. La decisione

La Consulta ha dichiarato inammissibili la maggior parte delle questioni sollevate e non fondate le restanti.

  • Inammissibilità: la Corte ha chiarito che spetta al legislatore stabilire i criteri per l’acquisizione dello status civitatis. Un intervento manipolativo avrebbe implicato scelte discrezionali ampie e non compatibili con la funzione del giudice delle leggi.

  • Non fondatezza: la presunta disparità di trattamento rispetto ad altri meccanismi di cittadinanza non è stata accolta, mancando una “sostanziale identità di situazioni”.

  • Nuova disciplina: la Corte non ha esteso il proprio giudizio alla riforma introdotta dal d.l. 36/2025, conv. in l. 74/2025, che limita l’automatismo iure sanguinis. Tale legge, infatti, non era applicabile ai giudizi pendenti.

3. Gli effetti pratici

Per chi opera nella materia, la sentenza comporta alcune conseguenze immediate:

  • I procedimenti in corso fondati sull’art. 1 l. 91/1992 continuano a svolgersi senza limiti generazionali: la Consulta non ha introdotto correttivi né “tagliato” l’automatismo.

  • Le nuove domande presentate dopo l’entrata in vigore della l. 74/2025 dovranno invece essere valutate alla luce dei nuovi requisiti (ad esempio limiti di generazione e prova di legame effettivo con l’Italia).

  • Le impugnazioni contro dinieghi di cittadinanza dovranno distinguere tra vecchio e nuovo regime, verificando se la domanda sia stata avviata prima o dopo la riforma.

4. Il nuovo scenario normativo

Il vero punto di svolta è rappresentato dalla legge 74/2025, che ha introdotto vincoli all’acquisizione della cittadinanza iure sanguinis.
La Corte costituzionale, con questa pronuncia, ha di fatto lasciato intatto l’impianto del 1992, ma il contenzioso futuro verterà sull’interpretazione e sulla compatibilità costituzionale della riforma del 2025.

5. Consigli operativi

  • Nei giudizi già pendenti, è opportuno ribadire l’applicazione del regime del 1992, sottolineando la non retroattività della legge 74/2025.

  • Nelle nuove pratiche, occorre verificare attentamente i nuovi requisiti di legge e predisporre documentazione idonea a dimostrare il legame effettivo con l’Italia.

  • In prospettiva, bisognerà monitorare i ricorsi che inevitabilmente arriveranno alla Consulta sulla riforma del 2025, perché saranno quelli a definire i nuovi confini applicativi della materia.

6. Conclusioni

La sentenza n. 142/2025 non ha innovato l’ordinamento, ma ha tracciato una linea chiara: l’ampliamento o la restrizione della cittadinanza per discendenza è materia riservata al legislatore.
Per avvocati e operatori, il messaggio è netto: oggi la questione centrale non è più se la cittadinanza iure sanguinis debba avere limiti, ma quali limiti introdotti dalla legge 74/2025 resisteranno al vaglio di costituzionalità.


✍️ Avv. Fabio Loscerbo

mercoledì 13 agosto 2025

L’Avv. Fabio Loscerbo organizza un evento formativo accreditato dal COA su accesso agli atti e diritto degli stranieri

 

L’Avv. Fabio Loscerbo organizza un evento formativo accreditato dal COA su accesso agli atti e diritto degli stranieri

A cura della redazione

Bologna ha ospitato, venerdì 18 luglio 2025, un appuntamento che ha unito rigore giuridico e utilità pratica. Nella Sala consiliare del Quartiere Reno “Rosario Angelo Livatino”, l’Avv. Fabio Loscerbo ha tenuto un seminario dedicato alla Commissione per l’Accesso ai Documenti Amministrativi nel diritto dell’immigrazione. L’iniziativa, gratuita e accreditata dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bologna con due crediti formativi, ha richiamato professionisti e operatori interessati a rimettere al centro la trasparenza procedimentale come strumento di tutela effettiva.

Il tema non poteva essere più attuale. In materia di permessi di soggiorno, visti, audizioni dinanzi alle Commissioni Territoriali e provvedimenti delle Questure, l’accesso agli atti non è un dettaglio formale ma la condizione per verificare la legittimità dell’azione amministrativa e predisporre difese informate. Loscerbo ha scelto un’impostazione concreta: partire dal perno della legge 241 del 1990, con i suoi articoli sull’accesso documentale, e intrecciarlo con il d.lgs. 33 del 2013, che ha introdotto l’accesso civico generalizzato, il cosiddetto FOIA. La distinzione fra i due istituti è stata analizzata non come questione da manuale, ma come scelta strategica da compiere caso per caso a seconda del bisogno difensivo: documenti del fascicolo quando serve la “carta” del procedimento; dati e informazioni diffuse quando occorre illuminare contesti amministrativi opachi.

Il confronto con la prassi quotidiana degli uffici è stato altrettanto franco. Si è ragionato sui termini di legge e sul meccanismo del silenzio-rigetto, sugli oneri di interlocuzione con i controinteressati e sui canali più efficaci per presentare le istanze, valorizzando ciò che la tradizione della 241/1990 chiede da sempre: forme semplici, motivazioni chiare, potere pubblico responsabile. Da qui l’attenzione al ruolo della Commissione per l’Accesso, chiamata a offrire pareri che, pur non vincolanti, hanno un peso reale nell’orientare le amministrazioni e nel costituire un punto di riferimento nel successivo giudizio amministrativo, anche nel rito speciale di cui all’articolo 116 del codice del processo amministrativo.

Non è mancato il necessario bilanciamento con la protezione dei dati personali. In un’epoca in cui la digitalizzazione moltiplica velocità e quantità di informazioni, il parametro del GDPR — e in particolare l’articolo 86 sul trattamento per finalità di trasparenza — impone di distinguere tra ciò che deve essere ostensibile e ciò che va oscurato. Loscerbo ha illustrato, con taglio operativo, come la tutela di ordine e sicurezza pubblica non possa trasformarsi in un alibi per negare l’accesso, e come le tecniche di oscuramento selettivo o di estrazione parziale permettano spesso di coniugare diritto alla conoscenza e riservatezza.

Il messaggio di fondo è semplice e, al tempo stesso, esigente: un’istanza di accesso impostata bene risparmia tempo, riduce le asimmetrie informative e, in molti casi, evita il contenzioso inutile. Per riuscirci serve metodo. Occorre scegliere lo strumento giusto, documentale o FOIA, costruire un quadro cronologico coerente, ancorare la richiesta a basi normative solide e conservare con cura le prove dell’invio e della ricezione. È un modo di lavorare che parla il linguaggio della tradizione amministrativa italiana ma guarda avanti, perché la trasparenza non è un feticcio ideologico: è un dovere giuridico che, se praticato bene, migliora la qualità delle decisioni e restituisce prevedibilità alle relazioni tra cittadini stranieri e pubbliche amministrazioni.

L’accreditamento da parte del COA di Bologna ha dato all’incontro la cornice istituzionale adeguata. La collaborazione con gli uffici dell’Ordine e con il Quartiere Reno ha permesso una gestione puntuale degli aspetti organizzativi, confermando che la formazione forense può essere, al tempo stesso, sobria e incisiva. La scelta della sala intitolata a Rosario Angelo Livatino ha aggiunto un valore simbolico non secondario: la legalità non è retorica, è prassi quotidiana, e si coltiva anche attraverso momenti come questo.

Dalla redazione, il giudizio è netto: l’evento ha fatto scuola perché ha tenuto insieme la lettera delle norme e le esigenze reali degli operatori. Non si è limitato a enunciare principi, ma ha proposto una via d’uso, tradizionale nel rigore e moderna negli strumenti. È anche per questo che l’organizzazione annuncia la prosecuzione di un percorso di “formazione in pillole” dedicato ai punti di contatto tra trasparenza e diritto degli stranieri, dal rapporto con le rappresentanze consolari alla gestione del preavviso di rigetto di cui all’articolo 10-bis della legge 241/1990. Materiali di lavoro, schemi e tracce operative accompagneranno i prossimi appuntamenti, con l’ambizione — tutt’altro che modesta — di rendere l’accesso agli atti una competenza quotidiana, non un’eccezione.


Redazione













Decreto flussi 2026-2028: semplificazioni in arrivo Addio (o quasi) al “labour market test”, tempi più rapidi per il nulla osta, codice fiscale al visto. Quote triennali: 497.550 ingressi

 

Decreto flussi 2026-2028: semplificazioni in arrivo

Addio (o quasi) al “labour market test”, tempi più rapidi per il nulla osta, codice fiscale al visto. Quote triennali: 497.550 ingressi

1) Contesto e percorso di adozione

Dal testo pubblicato su ItaliaOggi del 6 agosto 2025 emerge il parere della Conferenza Unificata (Regioni e Province autonome) sullo schema di DPCM che programma i flussi 2026-2028. Il parere è favorevole, con voto contrario di Toscana ed Emilia-Romagna. Segue ora il passaggio alle Commissioni parlamentari (parere entro 30 giorni) e il via libera definitivo della Presidenza del Consiglio. È prevista la pre-compilazione delle domande di nulla osta a partire da ottobre 2025, così da attivare subito il nuovo ciclo.

2) La novità chiave: semplificare (fino a eliminare) la verifica preventiva di indisponibilità

La procedura vigente impone al datore di lavoro, prima della domanda di nulla osta, di chiedere al Centro per l’Impiego la verifica dell’indisponibilità di lavoratori già presenti in Italia. La verifica si considera conclusa con esito negativo se entro 8 giorni non arriva riscontro dal CPI; il nulla osta, poi, è rilasciato dopo 20 giorni dall’istanza (in caso di controlli positivi).
Le Regioni chiedono di rivalutare o eliminare questo passaggio, definito nella prassi un mero adempimento formale, costoso per imprese e CPI e spesso non aderente alla realtà dei fabbisogni (mansioni specifiche, aree a carenza di offerta, sistemi regionali già attivi di incrocio domanda-offerta). In sostanza, si punta a un modello più aderente al mercato e meno cartolare.

3) Altre semplificazioni proposte

  • Tempi del nulla osta: giudicati troppo lunghi; si chiede un’anticipazione dei termini, “sul modello” di corsie già sperimentate per alcuni Paesi (Pakistan, Bangladesh, Sri-Lanka, Marocco).

  • Codice fiscale al visto: rilascio del CF in Ambasciata/Consolato contestualmente al visto, per consentire subito contratto, assunzione e adempimenti contributivi/fiscali.

  • Contratto/lettera di assunzione: snellimento della sottoscrizione (oggi spesso subordinata a firma digitale), per accelerare l’avvio del rapporto.

  • Conto corrente: semplificare l’iscrizione anagrafica bancaria per l’apertura del conto ai neo-ingressi, così da garantire la tracciabilità delle retribuzioni ed evitare i “mesi di vuoto” in cui molte aziende faticano a pagare stipendi per assenza di IBAN.

4) Le quote 2026-2028 (per tipologia)

Tipologia202620272028
Lavoro subordinato non stagionale62.60062.20062.000
Lavoro subordinato stagionale88.00089.00090.000
Assistenza familiare (colf e badanti)13.60014.00014.200
Lavoro autonomo650650650
Totale annuo164.850165.850166.850

Totale triennio: 497.550 ingressi. Si nota la crescita graduale della componente stagionale e dell’assistenza familiare, con tenuta del non stagionale e una quota simbolica per l’autonomo.

5) Impatti operativi (imprese e consulenti)

  • Pianificazione: la pre-compilazione da ottobre 2025 consente di programmare le assunzioni 2026 sfruttando le nuove quote; conviene predisporre per tempo profili professionali, fabbisogni e documentazione.

  • Tempi di ingresso: l’anticipazione dei termini del nulla osta, se recepita, ridurrà il time-to-hire.

  • Onboarding: con CF al visto e conto semplificato, l’avvio contrattuale e paghe sarà più rapido, con minori rischi di non conformità (retribuzione in contanti, ritardi INPS/INAIL).

  • Compliance: lo snellimento del “labour market test” ridurrà il contenzioso su adempimenti formali, spostando l’attenzione su tracciabilità e correttezza del rapporto.

6) Profili critici e tenuta giuridica

  • Tutela del lavoratore interno: la compressione della verifica al CPI impone contromisure sostanziali (monitoraggi regionali dei fabbisogni, banche dati real time, incentivi all’inserimento di disoccupati residenti).

  • Coordinamento inter-amministrativo: rilascio del CF all’estero richiede integrazione stabile tra MAECI, Ministero dell’Interno, Agenzia delle Entrate e sistemi informativi (Prefetture/Questure/INPS).

  • Bancabilità: l’apertura del conto a neoinseriti extra-UE va conciliata con antiriciclaggio e adeguata verifica; serviranno linee guida chiare alle banche.

  • Quote e stagionalità: l’aumento del canale stagionale va affiancato da strumenti di tutela anti-caporalato e di alloggio adeguato, per evitare derive.

7) Che cosa cambia “davvero”

Se il Governo recepirà integralmente il parere:

  • la procedura d’ingresso diventerà più snella e prevedibile;

  • l’onere documentale si sposterà dal “pezzo di carta” (CPI) al controllo sostanziale su contratto, retribuzione, alloggio e sicurezza;

  • l’integrazione amministrativa (CF al visto + conto + firma semplificata) ridurrà i tempi morti post-ingresso e i rischi di lavoro irregolare “di attesa”.

8) Conclusioni (realismo e prospettiva)

Il triennio 2026-2028, con quasi mezzo milione di ingressi programmati, segna un passaggio dal formalismo alla governance per processi: meno burocrazia inutile, più controlli veri sul rapporto di lavoro e sulla tracciabilità delle retribuzioni. La scommessa è duplice: competitività per le imprese e tutele effettive per i lavoratori. Sarà decisivo, però, che il DPCM traduca le indicazioni della Conferenza in norme chiare, tempi certi e piattaforme interoperabili. Altrimenti, le “semplificazioni” rischiano di restare sulla carta.


Avv. Fabio Loscerbo

Accesso alla protezione internazionale e divieto di discriminazione organizzativa – Nota a Sentenza Tribunale Ordinario di Torino, Nona Sezione Civile, 4 agosto 2025, R.G. 9257/2025

 Accesso alla protezione internazionale e divieto di discriminazione organizzativa – Nota a Sentenza Tribunale Ordinario di Torino, Nona Sezione Civile, 4 agosto 2025, R.G. 9257/2025

1) Premessa
La sentenza in commento decide un ricorso cumulativo avente ad oggetto: (a) l’accertamento del diritto a formalizzare la domanda di protezione internazionale presso la Questura territorialmente competente; (b) l’accertamento del carattere discriminatorio del modello organizzativo adottato dall’Ufficio Immigrazione della Questura di Torino. Dopo una prima tutela cautelare che ha imposto la ricezione/formalizzazione delle istanze, il giudice, in sede di merito, ha dichiarato cessata la materia del contendere sul capo relativo alla formalizzazione ed ha accolto la domanda antidiscriminatoria, impartendo ordini conformativi.

2) Oggetto del giudizio e domande
Le domande principali hanno riguardato: i) l’accertamento del diritto a presentare domanda di protezione internazionale ex art. 26 d.lgs. 25/2008 presso la Questura competente per “dimora”; ii) l’accertamento della natura discriminatoria delle prassi di accesso all’Ufficio Immigrazione, con richiesta di misure di rimozione e pubblicazione ai sensi dell’art. 28 d.lgs. 150/2011.

3) Quadro normativo
Art. 26 d.lgs. 25/2008: domanda alla Questura competente per il luogo di “dimora”, nozione interpretata in chiave funzionale e non formalistica, coerente con l’art. 6 della direttiva 2013/32/UE in tema di accesso effettivo alla procedura.
Tutela antidiscriminatoria: art. 43 d.lgs. 286/1998 e art. 28 d.lgs. 150/2011, che consentono al giudice ordinario di ordinare la cessazione del comportamento discriminatorio, adottare provvedimenti idonei a rimuoverne gli effetti e imporre piani organizzativi di prevenzione.

4) Sequenza processuale
Il ricorso è stato depositato a maggio 2025; sono state raccolte dichiarazioni ai sensi dell’art. 669-sexies c.p.c.; con provvedimento cautelare di fine giugno 2025 è stato ordinato alla Questura di ricevere/formalizzare le istanze entro un termine breve. Fissata l’udienza di merito a metà luglio 2025, la causa è stata trattenuta in decisione e definita con sentenza pubblicata il 4 agosto 2025.

5) “Dimora” e competenza della Questura
Il Tribunale ha ritenuto provata, per ciascun ricorrente, la “dimora” nel territorio torinese anche in senso temporaneo o transitorio. Ne discende l’infondatezza della tesi che pretendeva la dimostrazione di residenza o dimora “abituale” per radicare la competenza della Questura. L’interpretazione accolta evita che oneri probatori eccessivi rendano di fatto impossibile o eccessivamente difficile l’accesso alla procedura, in violazione del principio di effettività del diritto dell’Unione.

6) Il profilo discriminatorio del modello organizzativo
Il giudice ha valorizzato elementi oggettivi della prassi: accesso contingentato tramite code fisiche, assenza di canali di prenotazione equivalenti a quelli disponibili per altre utenze della P.A., criteri di selezione non trasparenti e, in talune giornate, filtraggio per nazionalità. Tali modalità producono un trattamento meno favorevole, direttamente riconducibile al fattore “nazionalità”, in punto di accesso ad un servizio pubblico che condiziona l’esercizio di diritti fondamentali (soggiorno regolare durante la procedura, lavoro dopo i termini di legge, iscrizione anagrafica, assistenza sanitaria).

7) Onere della prova e standard probatorio
In applicazione dell’art. 28, comma 4, d.lgs. 150/2011, forniti dagli attori elementi idonei a presumere la discriminazione, incombeva all’Amministrazione l’onere di provarne l’inesistenza. L’assenza di una prova contraria efficace sulle prassi contestate ha consolidato il quadro presuntivo, conducendo alla declaratoria di discriminazione diretta, anche di carattere collettivo.

8) Il rimedio strutturale imposto
La sentenza non si limita a vietare la prassi illecita: impone l’adozione, entro quattro mesi, di un modello organizzativo informatizzato di gestione degli accessi e delle prenotazioni, con mediazione di soggetti del terzo settore e distinzione tra richiedenti con/senza documenti, ritenuto idoneo in via prognostica a prevenire la reiterazione della discriminazione e a garantire parità sostanziale nell’accesso al servizio.

9) Dispositivo
– Accertata la discriminazione diretta (anche collettiva) posta in essere dall’organizzazione degli accessi all’Ufficio Immigrazione.
– Ordine di adottare un modello organizzativo informatizzato entro quattro mesi.
– Ordine di pubblicazione del provvedimento sui canali istituzionali e su un quotidiano a tiratura nazionale, con funzione informativa e deterrente.
– Spese a carico dell’Amministrazione; cessata materia del contendere sulla pretesa alla formalizzazione già soddisfatta in corso di causa; estinzione per rinuncia limitatamente a un ricorrente.

10) Osservazioni conclusive
La decisione presenta un duplice rilievo sistemico.
(i) Accesso effettivo alla procedura: la lettura funzionale della “dimora” evita che prassi organizzative trasformino requisiti di mera razionalizzazione in barriere all’ingresso, in contrasto con l’art. 6 della direttiva 2013/32/UE.
(ii) Rimedi organizzativi: l’utilizzo di ordini conformativi e di pubblicazione, tipici del contenzioso antidiscriminatorio, consente di incidere sulla causa strutturale della violazione, superando la tutela meramente inibitoria e orientando l’azione amministrativa a risultati verificabili.


Avv. Fabio Loscerbo

Effetto sospensivo automatico in assenza di corretta procedura accelerata – Nota a Tribunale di Bologna, Sez. Immigrazione, decreto 30 luglio 2025, R.G. 10617/2025

 Effetto sospensivo automatico in assenza di corretta procedura accelerata – Nota a Tribunale di Bologna, Sez. Immigrazione, decreto 30 luglio 2025, R.G. 10617/2025

1. Premessa
Il decreto in esame, emesso dalla Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea del Tribunale di Bologna, affronta la questione dell’effetto sospensivo automatico del ricorso contro un provvedimento di rigetto per manifesta infondatezza della domanda di protezione internazionale.
Il caso trae origine dal diniego emesso dalla Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale, motivato dalla presunta manifesta infondatezza della domanda, nonostante fosse stato adottato un iter procedurale di tipo ordinario e non accelerato.

2. Il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento
La decisione si fonda sull’art. 35-bis del D.Lgs. 25/2008, come modificato da ultimo dal D.L. 145/2024, conv. in L. 187/2024, e sui principi espressi dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 11399 del 29 aprile 2024.
In tale arresto, reso a seguito di rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c. proveniente dalla stessa sezione bolognese, la Suprema Corte ha stabilito che la deroga al principio di sospensione automatica del provvedimento impugnato – nei casi di manifesta infondatezza per provenienza da Paese sicuro – opera solo se la Commissione territoriale abbia effettivamente seguito una procedura accelerata conforme alle previsioni di legge. In caso contrario, si determina il ripristino della procedura ordinaria, con conseguente applicazione della sospensione automatica.

3. Applicazione estensiva ai casi di manifesta infondatezza non legati ai Paesi sicuri
Il Tribunale ha ritenuto che il principio enunciato dalle Sezioni Unite si applichi non solo alle ipotesi di manifesta infondatezza per provenienza da Paese sicuro, ma anche alle altre tipologie di manifesta infondatezza e, persino, ai casi di inammissibilità della domanda. Tale estensione trova giustificazione nella ratio della pronuncia della Cassazione e nell’esigenza di coerenza sistematica tra le diverse fattispecie.

4. La procedura seguita nel caso concreto
Dall’esame degli atti è emerso che la Commissione territoriale aveva dichiarato di non essere riuscita a rispettare i termini legali della procedura accelerata “a causa del grande afflusso di istanze”, procedendo quindi secondo il modello ordinario. Nonostante ciò, aveva rigettato l’istanza per manifesta infondatezza, richiamando una circolare della Commissione nazionale per il diritto di asilo.
Il Tribunale ha rilevato che l’adozione della procedura ordinaria comporta:

  • applicazione del termine ordinario di 30 giorni per la proposizione del ricorso;

  • automatica sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, a prescindere dalle avvertenze contenute nel dispositivo della decisione amministrativa.

5. La decisione
Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale ha dichiarato automaticamente sospeso l’effetto esecutivo del provvedimento impugnato e ha disposto l’obbligo per la Questura di rilasciare al ricorrente un permesso di soggiorno per richiesta asilo, valido sino alla definizione del giudizio.

6. Considerazioni conclusive
La pronuncia in commento ribadisce un principio di rilevanza pratica significativa per la difesa dei richiedenti protezione internazionale: l’effetto sospensivo automatico non può essere negato quando la Commissione territoriale non rispetta le condizioni procedurali che giustificano l’adozione della procedura accelerata.
Si tratta di un’interpretazione che tutela in maniera sostanziale il diritto di difesa e la permanenza legale sul territorio nazionale del richiedente, ponendo un freno a prassi amministrative che tendono ad assimilare impropriamente fattispecie diverse.


Avv. Fabio Loscerbo

Protezione speciale e integrazione socio-lavorativa: nota a Tribunale di Catania, Sezione Immigrazione, decreto 10 luglio 2025, R.G. 9595/2023

 Protezione speciale e integrazione socio-lavorativa: nota a Tribunale di Catania, Sezione Immigrazione, decreto 10 luglio 2025, R.G. 9595/2023

1. Premessa
Il decreto in commento, emesso dalla Sezione Immigrazione del Tribunale di Catania, affronta una vicenda complessa in cui il ricorrente aveva impugnato il provvedimento della Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale che aveva dichiarato inammissibile una domanda reiterata di protezione internazionale.
La decisione si caratterizza per un duplice profilo: da un lato, la conferma della valutazione negativa in ordine allo status di rifugiato e alla protezione sussidiaria; dall’altro, il riconoscimento della protezione speciale ai sensi dell’art. 19, comma 1.1, del D.Lgs. 286/1998, in ragione del radicamento socio-lavorativo e familiare del richiedente in Italia.

2. Inammissibilità della domanda reiterata
Il Tribunale rileva come la Commissione Territoriale avesse legittimamente dichiarato inammissibile la domanda reiterata, non essendo stati introdotti nuovi elementi di fatto o di diritto idonei a mutare la valutazione già operata in sede di prima istanza, ai sensi dell’art. 29, comma 1, lett. b), D.Lgs. 25/2008.
Il ricorrente, infatti, si era limitato a prospettare generiche problematiche personali, senza fornire specifiche allegazioni su rischi individuali di persecuzione (art. 7 D.Lgs. 251/2007) o di danno grave (art. 14, lett. a e b, D.Lgs. 251/2007).
Sotto il profilo dell’art. 14, lett. c, il Tribunale ha escluso la sussistenza in Marocco di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, sulla base di un’ampia ricognizione delle fonti internazionali.

3. L’esame della protezione speciale
Pur confermando l’assenza dei presupposti per la protezione internazionale, il Collegio ha ritenuto necessario verificare la sussistenza delle condizioni per la protezione speciale, in applicazione del principio – ribadito da Cass. 8819/2020 – secondo cui il giudice deve valutare d’ufficio tutte le forme di tutela previste dall’ordinamento, indipendentemente dal nomen iuris indicato dalla parte.
Richiamando il testo dell’art. 19, comma 1.1, TUI, come modificato dal D.L. 130/2020, il Tribunale ha ritenuto che il rimpatrio del ricorrente avrebbe comportato una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, protetto dall’art. 8 CEDU, in considerazione del radicamento sociale e lavorativo in Italia.

4. Gli elementi di integrazione
L’integrazione è stata desunta da molteplici elementi documentali:

  • contratto di lavoro subordinato e buste paga relative al 2023 e 2024;

  • attestati di formazione professionale (carrelli industriali semoventi e sicurezza ad alto rischio);

  • matrimonio con connazionale residente in Italia e nascita di un figlio minore nel territorio nazionale.

La giurisprudenza di legittimità (Cass. 7396/2021; Cass. 16369/2022; Cass. 26089/2022) ha riconosciuto che tali fattori sono indicativi di una seria intenzione di integrazione, rilevante ai fini della protezione speciale.

5. La decisione
Il Tribunale ha accolto parzialmente il ricorso, dichiarando il diritto del richiedente al rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale, convertibile in permesso per motivi di lavoro, e disponendo la trasmissione degli atti al Questore. Le spese sono state dichiarate irripetibili.

6. Considerazioni conclusive
Il provvedimento si inserisce nel filone giurisprudenziale che, pur rigettando le domande di protezione internazionale prive di elementi nuovi o circostanziati, riconosce la necessità di garantire la tutela dei legami familiari e dell’integrazione effettiva nel territorio, valorizzando l’art. 19 TUI come strumento di protezione dei diritti fondamentali.
L’approccio adottato dal Tribunale di Catania evidenzia un equilibrio tra il rigore nell’applicazione delle regole sull’inammissibilità delle domande reiterate e l’attenzione alla tutela dei valori costituzionali e convenzionali legati alla vita privata e familiare.


Avv. Fabio Loscerbo

domenica 10 agosto 2025

Cittadinanza e precedenti penali minori: il Consiglio di Stato riafferma il dovere di valutazione concreta dell'integrazioneConsiglio di Stato, Sez. III, sent. n. 6099/2025, pubblicata l’11 luglio 2025 – R.G. n. 6603/2023

Cittadinanza e precedenti penali minori: il Consiglio di Stato riafferma il dovere di valutazione concreta dell'integrazione

Consiglio di Stato, Sez. III, sent. n. 6099/2025, pubblicata l’11 luglio 2025 – R.G. n. 6603/2023

Con la sentenza n. 6099/2025, il Consiglio di Stato ha annullato un diniego di cittadinanza italiana fondato su una condanna per reati di lieve entità, accogliendo l’appello proposto contro la decisione del TAR Lazio (sent. n. 2843/2023). Il Collegio ha ribadito l’obbligo dell’Amministrazione di svolgere una valutazione individualizzata e aggiornata, evitando automatismi tra precedenti penali e rigetto dell’istanza di naturalizzazione.

1. Il caso: un diniego fondato su condanna per reati minori

Il ricorrente, cittadino straniero regolarmente soggiornante in Italia da oltre dieci anni, aveva presentato istanza di cittadinanza ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 91/1992. L’Amministrazione l’aveva respinta in ragione di una condanna, divenuta irrevocabile, per lesioni personali, ingiurie e minacce continuate, pronunziata nel 20XX dal Giudice di Pace, con pena pecuniaria pari a 1.000 euro. Successivamente, il richiedente ha ottenuto riabilitazione ex art. 178 c.p. dal Tribunale di Sorveglianza di Venezia.

Il TAR Lazio ha confermato il diniego ritenendo i reati, sebbene formalmente minori, espressione di una condotta lesiva di beni costituzionali e quindi incompatibile con lo status civitatis.

2. I motivi di appello accolti

Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello ritenendo fondate le censure per difetto di istruttoria e motivazione. In particolare:

Natura penale dei reati: i fatti contestati (artt. 582, 594 e 612 c.p.) sono rientranti nella competenza del Giudice di Pace e sono sanzionati con pene lievi, come il lavoro di pubblica utilità o la permanenza domiciliare.

Lieve allarme sociale: il Collegio ha ritenuto che si trattasse di episodi isolati e risalenti, privi di rilevante disvalore concreto e non rappresentativi di una condotta antisociale protratta.

Percorso di integrazione: il richiedente ha dimostrato un’attività lavorativa stabile (CU dal 2021 al 2025), assenza di altri precedenti o carichi pendenti, e una situazione familiare regolare (coniugato con cittadina straniera in regola).


3. I principi giuridici affermati

La sentenza si inserisce in una consolidata giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. III, nn. 5471/2023, 6898/2022, 6789/2022; Sez. I, parere n. 612/2023), secondo cui:

> “La valutazione della personalità del richiedente non può fondarsi sull’astratta tipologia del reato, ma deve essere rapportata al caso concreto, alle modalità dei fatti, alla pena inflitta e alla condotta successiva”.



In particolare:

La riabilitazione penale, pur sopravvenuta al diniego, deve essere tenuta in considerazione in sede di riesame;

L’istruttoria amministrativa deve tener conto dell’inserimento sociale, economico e familiare, e non può ridursi a una motivazione stereotipata;

L’interesse pubblico non può essere presunto, ma va motivato in relazione ai valori costituzionali della dignità, dell’integrazione e della non discriminazione.


4. Conseguenze della decisione

Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello e, in riforma della sentenza del TAR, ha annullato il provvedimento di diniego della cittadinanza, disponendo il riesame da parte dell’Amministrazione alla luce dei principi espressi.

La compensazione delle spese è stata disposta in considerazione della peculiarità del caso, che ha richiesto un bilanciamento tra sicurezza pubblica e dignità della persona.

5. Nota conclusiva

La pronuncia riafferma il principio per cui la cittadinanza italiana, pur essendo atto discrezionale, non è sottratta ai principi di legalità, proporzionalità e buon andamento dell’azione amministrativa. Il diniego fondato su meri automatismi, senza considerare il contesto personale e l’effettivo percorso di integrazione, si espone a censure per violazione dell’obbligo di motivazione e difetto di istruttoria.


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Avv. Fabio Loscerbo